V. Bellini “Il Pirata” – Trama, Libretto e Curiosità

IL PIRATA…Quel siciliano biondo che conquistò la Scala

Lo sapevate che?

  1. Curiosità

Felice Romani aveva veramente captato in Bellini quella che oggi si direbbe “una marcia in più”. “Io solo”, dirà, “lessi in quell’anima poetica, in quel cuore appassionato, in quella mente vogliosa di volare oltre la sfera in cui lo stringevano le norme della scuola e la servilità dell’imitazione, e fu allora ch’io scrissi per Bellini Il Pirata, soggetto che mi parve adatto a toccare la corda più rispondente del suo cuore, né m’ingannai. Da quel giorno in poi, c’intendemmo ambidue, lottammo uniti con le viziose abitudini del teatro musicale, e ci accingemmo concordi ad estirparle a poco a poco, a forza di coraggio, di perseveranza, d’amore”.

  • Curiosità

Nacque, in effetti, con Il Pirata, un sodalizio tra compositore e librettista, che durerà molto a lungo; andrà in crisi per colpa di una donna, salvo poi uscirne, ma ormai tardi, negli ultimi tempi di vita del Bellini.

3.Curiosità

Il Pirata, in scena alla Scala il 27 ottobre 1827, protagonisti la Méric-Lalande, Rubini e Tamburini, i compagni di carrozza nel viaggio da Napoli, ebbe un successo straordinario: quindici recite, un bel risultato per un esordiente, e l’impegno per un’altra opera: sarà La Straniera.

4.Curiosità

Subito dopo il successo del Pirata, Bellini si affrettò a scriverne a casa, allo zio materno Vincenzo Ferlito:” Gioisca in una ai miei genitori e parenti; il suo nipote ha avuto la sorte di fare tale incontro con la sua opera che non sa esprimerlo; né ella, né tutti i miei, né io medesimo potea lusingarmi di tale esito. Sabato 27 corrente è andata in scena; dalla prova generale di già si era sparsa la voce che vi era della buona musica”.

5.Curiosità

Il compositore si diffonde, nella lettera, in una cronaca della serata. Il coro qualche volta non funziona bene, ma quanto entusiasmo dopo arie, cavatine, duetti: “Della sortita di Rubini un furor tale che non si può esprimere, ed io mi sono alzato ben dieci volte per ringraziare il pubblico”. E così via.

6. Curiosità

Un coro di pirati con l’eco (dietro la scena, un gruppo di voci canta accompagnato da strumenti a fiato) suscita un effetto tale, che il compositore, “per la grave commozione di contento”, scoppia in un pianto convulsivo e riesce a frenarlo soltanto dopo cinque minuti. Il morale è alle stelle:” Io sono all’estremo contento perché non mi aspettavo tanta felicità di esito: indi questi onori mi saranno di spinta per progredire la mia carriera con onore, e ciò lo farò collo studiare”.

                                                        A cura di Mirella Mostarda

Trama

Atto primo. In Sicilia, nel castello di Caldora e nelle vicinanze, nel XIII secolo. Gualtiero, conte di Montalto, perduto ogni bene si fa pirata, per vendicare i torti subiti e riconquistare l’amata Imogene. Un gruppo di pescatori tenta di soccorrere i naufraghi di un vascello, che una tempesta ha infranto sulle coste di Caldora; un Solitario li incita. Tra gli scampati c’è Gualtiero col suo compagno Itulbo. Gualtiero riconosce nel Solitario Goffredo, il suo vecchio istitutore, e subito chiede notizie dell’amata Imogene (“Nel furor delle tempeste”); Goffredo lo nasconde nella sua abitazione, temendo che possa essere riconosciuto. Giunge Imogene col seguito; informata dai pescatori dell’accaduto, interroga i naufraghi nella speranza di avere notizie sulla flotta pirata; ella è turbata poiché ha sognato Gualtiero ferito a morte ed è in preda a oscuri presentimenti (“Lo sognai ferito, esangue”). Questi da lontano la riconosce e non trattiene un lamento; Imogene ne è colpita e fa in modo d’incontrare il naufrago. Gualtiero si fa riconoscere e nel seguente duetto (“Tu, sciagurato! Ah! fuggi”) Imogene tenta di giustificare il suo precedente matrimonio, contratto solo per salvare il padre, prigioniero di Ernesto. Gualtiero vorrebbe scagliare la sua ira sul figlioletto che la donna ha avuto dal rivale, ma desiste, commosso dalle lacrime di Imogene. Ernesto ritorna vittorioso dalla battaglia contro i pirati (“Si, vincemmo, e il pregio io sento”) ma trova la moglie afflitta e mesta. Avuta notizia dei naufraghi desidera vederli e, diffidente, vorrebbe trattenerli; ma, grazie all’intervento di Imogene, essi possono partire. Gualtiero chiede un ultimo incontro a Imogene; questa è sconvolta e sviene, ed Ernesto s’insospettisce.

Atto secondo. Imogene confessa a Ernesto di amare ancora Gualtiero (“Tu m’apristi in cor ferita”); il duca, informato della presenza del rivale a Caldora, decide di ucciderlo. Imogene e Gualtiero s’incontrano, questi le propone di fuggire insieme (“Vieni cerchiam pe’ mari”), ma interviene Ernesto che sfida Gualtiero a duello (terzetto “Cedo al destin orribile”). Ernesto muore, e Gualtiero si offre spontaneamente al giudizio. Mentre il consiglio dei cavalieri si riunisce, Gualtiero si rivolge ad Adele perché difenda la sua memoria presso l’amata (“Tu vedrai la sventurata”). Imogene invoca il perdono del marito (“Col sorriso d’innocenza”); il consiglio condanna Gualtiero e Imogene impazzisce.