I Notturni di Ameria Radio del 28 dicembre 2020

A cura di Massimiliano Samsa

W. A. Mozart (1756 – 1791) – Serenata notturna n. 6 in re maggiore per due piccole orchestre, K 239

I. Marcia. Maestoso

II. Menuetto

III. Rondeau. Allegretto – Adagio – Allegro

Berliner Philharmoniker

Herbert von Karajan

La Serenata notturna in re maggiore K. 239 è stata composta da Mozart nel 1776. A giudizio dei più autorevoli esegeti dell’opera, si tratta di uno dei più squisiti lavori del periodo della prima maturità del compositore. La Serenata notturna è scritta per un complesso piuttosto insolito, o meglio per due complessi strumentali. L’uno si presenta come un «concertino» composto di due violini, viola e contrabasso. L’altro include il «ripieno» dato dalla massa degli archi con in più i timpani. Il lavoro si suddivide in tre parti: una Marcia che incede in tempo Maestoso; un Minuetto con un Trio affidato al solo «concertino»; un Rondò finale (Allegretto) in cui s’intrecciano come, «intermezzi» un espressivo Adagio e un motivo da Marcia viennese.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Mozart/Mozart-Serenata239.html

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Peter Ilyich Tchaikovsky (1840-1893) – Serenata in do maggiore per archi, op. 48

00:00  1. Pezzo in forma di Sonatina. Andante non troppo – Allegro moderato

09:39  2. Valse. Moderato. Tempo di Valse

13:52  3. Elegia. Larghetto elegiaco

22:05  4. Finale. Tema russo. Andante – Allegro con spirito

Prima esecuziione: San Pietroburgo, 30 ottobre 1881

Herbert von Karajan, conductor

Berliner Philharmoniker

Il genere della Serenata – la composizione strumentale destinata, sul finire del XVIII secolo, ad esecuzioni all’aperto per fini di puro intrattenimeno – fu scarsamente coltivato nel secolo scorso, se non come rimpianto nostalgico di un’epoca perduta, quella appunto del classicismo. Non fa eccezione la Serenata per orchestra d’archi in do maggiore op. 48 di Ciaikovsky, brano che riflette la sconfinata venerazione dell’autore per lo stile del tardo XVIII secolo, filtrato soprattutto attraverso la figura idealizzata di Mozart.

Infatti la Serenata op. 48 è opera apertamente dissimile dalle prove sinfoniche di Ciaikovsky, come pure dalle prime tre Suites orchestrali, composizioni assai impegnative strutturalmente e concettualmente; essa si richiama piuttosto alla Quarta suite, detta “mozartiana” perché basata su un materiale originariamente di Mozart, o alle “Variazioni su un tema rococò” per violoncello e orchestra op. 33, entrambe rivisitazioni personalissime dello stile classico.

Nella Serenata op. 48, invece, l’omaggio a Mozart e al classicismo risiede più nel carattere sereno e disimpegnato del brano che non nell’imitazione degli amati modelli; forse proprio questa scelta rese la composizione particolarmente gradita all’autore (“Che sia perché è il mio ultimo lavoro o perché davvero non è male, sono molto innamorato di questa Serenata”, ebbe a scrivere Ciaikovsky). Scritta nel 1880, essa fu eseguita l’anno seguente con grande successo, riscuotendo fra l’altro l’ambito apprezzamento di Anton Rubinstein, temuto direttore del Conservatorio di Pietroburgo e maestro dell’autore.

La Serenata si articola in quattro movimenti, ben differenziati fra loro ma unificati concettualmente dalla scelta di un materiale tematico prevalentemente per gradi congiunti. L’iniziale Pezzo in forma di Sonatina consiste in un Allegro moderato, in forma-sonata senza sviluppo, introdotto da un Andante non troppo, con un tema spazioso che riappare anche come coda; è il movimento più elaborato del brano, ed insieme una pagina di fresca eleganza, per l’equilibrio delle proporzioni e per l’invenzione tematica, che contrappone un’idea esitante ad una graziosamente scattante.

Segue una Valse giustamente celebre, in cui Ciaikovsky mostra la sua abilità come creatore di melodie ampie e sensuali. Espressivamente malinconica, con i voluttuosi temi dell’ampia sezione centrale, l’Elegia si mantiene distante dal lugubre pessimismo di composizioni consimili. Il Finale si basa su due temi popolari russi, tratti da una raccolta per pianoforte a quattro mani dello stesso Ciaikovsky; il primo compare in una lenta e concentrata Introduzione; il secondo, una danza briosa, funge da prima idea dell’Allegro con spirito. Qui, dopo la classica elaborazione e contrapposizione del materiale tematico, riappare il motivo iniziale della partitura; è una pausa meditativa e insieme di raccordo al primo movimento, prima che la danza russa concluda brillantemente la composizione, con una stretta di sicuro effetto.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Cajkovskij/Cajkovskij-Serenata48.html

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Edward Elgar (1857 – 1934) – Serenata in mi minore per orchestra d’archi, op. 20

I. Allegro piacevole

II. Larghetto

III. Allegretto

Prima esecuzione: Worchester, 18 maggio 1892

Philharmonia Orchestra

Giuseppe Sinopoli, direttore

Elgar è considerato tra i compositori inglesi più rappresentativi del periodo tardoromantico e molto sensibile alle influenze del sinfonismo di derivazione tedesca. Di lui si ricordano ancora oggi due lavori significativi della personalità nobile e artistocratica del musicista: le ariose ed eleganti Enigma Variations o Variazioni su un tema originale, detto Enigma, e The Dream of Gerontius (Il sogno di Geronzio), opera di grande impegno corale e molto ammirata da diversi compositori tedeschi, fra cui Richard Strauss. Né vanno sottovalutati i suoi due concerti per violino e per violoncello e orchestra, particolarmente apprezzati per la schiettezza dell’ispirazione e l’intimità del pensiero musicale, sempre guidato da una sobrietà e dignità di concezione, tipica del vero gentleman di campagna inglese. Notevole è stato il suo contributo all’evoluzione della musica britannica nell’epoca vittoriana ed edoardiana, come annotò a suo tempo Bernard Shaw in uno studio pertinente sulla figura di questo artista, dotato di un istintivo temperamento orchestrale di esemplare equilibrio e lontano dai fremiti strumentali di Berlioz e di Wagner. Il talento musicale di Elgar, puntato su una fresca vena melodica dalle suadenti modulazioni, è presente nella Serenata per archi op. 20, composta nel 1892 e contraddistinta da un cordiale e affettuoso lirismo, rivelatore di uno stile creativo dai gusti raffinati e aristocratici, nel contesto di un discorso fluido scorrevole e secondo un tipo di scrittura formalmente chiara e sentimentalmente comunicativa.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Elgar/Elgar-Serenade20.html