Approfondimento su – dentro e oltre la radio – la radio a scuola dopo la guerra

Mercoledì scorso abbiamo parlato della radio a scuola dopo la seconda guerra mondiale.

Lo abbiamo fatto con il nostro caro amico Giovanni Orso Giacone che ha portato all’attenzione dei radio ascoltatori la sua esperienza alle elementari. La trasmissione, dotata già di un ricco slide show, merita un approfondimento.

Consterà di alcuni importanti scritti elaborati da Giovanni che ringraziamo per la sua consueta generosità. Lo facciamo a nome degli ascoltatori della nostra radio che sappiamo essere molto interessati agli argomenti proposti.

Ovviamente rimandiamo anche alla trasmissione di mercoledì della quale, appresso, proponiamo il relativo link.

LA RADIO PER LE SCUOLE

Una settimana di trasmissioni dedicata ai programmi de “La Radio per le Scuole”, un’esperienza nata nel 1945 e conclusasi negli anni Settanta. E della quale, dal 4 al 10 marzo, Radio  ripropone molti programmi custoditi negli archivi dell’Audioteca dagli anni Sessanta, disponibili al   

I programmi de “La Radio per le Scuole” erano predisposti e realizzati dalla RAI, ma il loro indirizzo di carattere generale veniva stabilito d’accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione. Esisteva una Commissione consultiva della quale facevano parte il Presidente, il Consigliere delegato e il Direttore generale della RAI, i responsabili delle trasmissioni destinate  agli alunni, il Direttore generale per l’Istruzione elementare e quello per l’Istruzione classica, scientifica e magistrale e alcuni esperti di problemi scolastici.

I programmi erano di vario genere: letterari, musicali, storici, geografici, religiosi, pedagogici, scientifici, folkloristici e si svolgevano dai primi di novembre a metà maggio.

Lo Speciale di Radio   ideato da Andrea Borgnino e curato da Silvana Matarazzo, si apre con la cerimonia inaugurale dell’anno scolastico 1965/1966, trasmessa  da Radiouno il 20 novembre 1965 in diretta dal Teatro Comunale di Firenze  anniversario della nascita di Dante Alighieri. La cerimonia comprendeva gli interventi, tra gli altri, del provveditore agli Studi di Firenze e dello scrittore e dantista Piero Bargellini, mentre la presentazione era affidata al noto giornalista e conduttore radiofonico di Silvio Gigli.

Seguono, nel corso delle quaranta ore di programmazione di Radio   l’ascolto dei vari programmi realizzati  per “La Radio per le Scuole”, che venivano trasmessi negli Istituti italiani di primo e secondo grado dal lunedì al sabato secondo un calendario prestabilito, accompagnati dalle interviste, realizzate appositamente per l’occasione,  di alcuni attori delle Compagnie di prosa di Trieste, Roma e Torino che hanno fatto parte di quell’iniziativa così preziosa, in grado di creare, già molti anni fa, una forte interazione tra gli studenti e un mezzo di comunicazione importante come la radio.

La conclusione del lungo Speciale sarà affidata alla cerimonia di chiusura dell’anno scolastico 1965/1966, al Teatro Valle di Roma, in cui monsignor Ettore Cunial, gerente di Roma, Salvatore Accardo, Direttore generale dell’Istruzione elementare, e il Presidente della RAI Pietro Quaroni rivolgevano un saluto speciale a tutti gli studenti delle scuole elementari e medie italiane. La cerimonia comprendeva anche molti intermezzi sceneggiati realizzati dalla Compagnia di prosa di Roma della RAI, diretta da Marco Lami.

Si potranno ascoltare i seguenti programmi:

Piccola antologia, rassegna di letture per ragazzi.
La Bibbia a colori, dedicata ad alcuni episodi narrati nell’Antico Testamento.
Pagine del Vangelo, dedicata ad alcuni episodi narrati nel Nuovo Testamento.
Amici dell’umanità, puntata dedicata a Santa Luisa de Marillac.
Il Vangelo è vita, rievocazione della figura e dell’opera di Papa Giovanni XXIII.
Il grillo parlante, trasmissione incentrata su problemi relativi alla scuola.
Scrittori del nostro tempo.
Narratori moderni.
Uno scrittore in casa sua.
Ogni mese un racconto.
Scritti per voi: “Peter Pan”.
Tante letture, un racconto.
Gli affetti quotidiani nell’epica.
Il cercatore d’oro, puntata dedicata all’archeologo Heinrich Schliemann.
Crociera d’estate, un viaggio in alcuni paesi stranieri.
Viaggio in Europa.
Monografie dedicate ad alcuni autori amati dai ragazzi, come Hans Christian Andersen.
Uomini coraggiosi, rubrica che si occupa di personaggi celebri che hanno portato a termine imprese importanti, come l’aviatore statunitense Charles Augustus Lindbergh, autore della prima traversata aerea  in solitario e senza scalo, dell’Oceano Atlantico, o che si sono fatti portavoce dei diritti civili degli afroamericani, come il pastore protestante e attivista statunitense Martin Luther King.
Racconti dedicati ai bambini dell’asilo
Racconti destinati ai ragazzi delle scuole medie inferiori,  come “24 ore prima” di Alfio Valdarnini ambientato durante la prima guerra mondiale.
Trasmissioni di carattere scientifico, come “L’atomo è per la pace”.
Louis Pasteur, una puntata interamente dedicata al chimico francese, fondatore della moderna microbiologia.
Il linguaggio degli animali.
Eroi del nostro tempo, ciclo curato da Alberto Manzi incentrato su alcuni episodi avventurosi avvenuti in luoghi sperduti di altri Continenti, come nel caso delle popolazioni dei Samoani dell’Oceania o dei Lolo dell’Himalaya orientale.
I giganti della musica, ovvero monografie dedicate a grandi compositori.
 Glorie d’Italia: Storie di grandi narrate dai piccoli.
Il Bel Paese.
Michelangelo fanciullo.
I canti del tricolore.

LA STORIA DELLA RADIO DAL 1949 AL 1960

Dalla fine della guerra all’avvento della TV, la radiofonia in Italia subisce un’enorme trasformazione. Nel 1949 la RAI Radio Audizioni Italia, società a capitale privato controllato dalla SIP (Società Idroelettrica Piemonte), provvede, in soli 4 anni, alla ricostruzione totale dei trasmettitori distrutti o danneggiati dalla guerra. Nel 1951 la dirigenza decide la ristrutturazione dei programmi preceduta nel 1950 dal varo della rete culturale: il Terzo Programma, a prevalente impronta culturale, diffuso attraverso la nuova rete a modulazione di frequenza. Cominciano le “Serate a soggetto”, tra le rubriche: “Prospettive”, “Dibattito” e “Riviste estere”.



Con la riforma anche il giornalismo radiofonico viene potenziato e nel dicembre del 1951 nascono i tre Programmi Nazionali.

Il nuovo giornale orario del secondo programma prende il titolo di RADIOSERA, concepito nello stile del magazine, tante notizie, impaginazione agile e una concezione moderna del mezzo. Nascono contemporaneamente altre rubriche informative: Ciak, il settimanale di attualità cinematografica a cura di Lello Bersani, e Tutti giorni, almanacco di costume. Un anno dopo, nel disegno di un consistente aumento delle ore di trasmissione e dei servizi, inizia “Notturno dall’Italia” che segue la formula europea di musica non stop e brevi notizie.

Dal giornalismo al varietà, la radio nel decennio continua a produrre. “Il Rosso e il nero” è il programma leggero più famoso della radio del dopo guerra. Nascono anche i programmi di quiz spesso legati a concorsi rivolti agli ascoltatori sempre più affascinati dal gioco, dalla gara di abilità e dallo svago.

 

Nel 1954 iniziano le trasmissioni televisive e Radio Audizioni Italia diventa RAI – Radiotelevisione Italiana. Ma l’apparato radiofonico superato dal nuovo mezzo, reagisce alla spettacolarita’ della televisione. La TV si inserisce naturalmente nelle aziende nate per la radio. Ne eredita la normativa e ne imita i generi. Anche in RAI, come nelle altre aziende internazionali del settore, la televisione appare subito prioritaria, assorbendo molte delle risorse destinate in principio alla radio.

Ma la radio non scompare, cambia e si trasforma invadendo nuove fasce orarie. Se la TV diventa l’immancabile appuntamento della prima serata, la radio moltiplica l’offerta per restare “accesa” 24 su 24 e si sviluppa la programmazione notturna. I nuovi programmi radio tendono a catturare sempre più l’attenzione del pubblico giovanile e delle casalinghe. Il palinsesto si adatta quindi alla concorrenza dei programmi TV e sottolinea la differenza tra i due mezzi. Sono gli anni del boom, dell’automobile che non è più previlegio di pochi e si diffonde l’autoradio. La radio diventa espressione di libertà, colonna sonora del desiderio di spostamento. Per la radiofonia italiana è come una seconda giovinezza.

“Italia, parole e musica”. Dal 58 Indro Montanelli racconta alla radio la storia del nostro paese. Un viaggio dal 1910 al 1950, un genere di successo che farà scuola. Nello stesso periodo nasce il primo contenitore: “Il signore delle 13”, condotto da Enzo Tortora.

 

LA SEDE DI TORINO

Torino è definita la culla della radio. La stazione apre il 1 novembre del 1929 con il collegamento via cavo con Milano, ma la città piemontese si era affacciata nel mondo della radio sin dalla fondazione dell’URI, l’Unione Radiofonica Italiana. All’URI, infatti, il governo accordò la concessione esclusiva dei servizi di radioaudizioni circolari per la durata di 6 anni e Presidente della società venne nominato Enrico Marchesi.

Nel 1927 l’URI si trasforma in EIAR. Nel 1930 il Radiorario, settimanale dell’URI,si trasferisce a Torino e diventa il Radiocorriere. Nello stesso anno si fa la prima radiocronaca in diretta di un fatto di attualità: il rientro in città del principe Umberto di Savoia e della moglie Maria Josè.

Nel 1932 l’EIAR acquisisce il teatro di Torino che, rinnovato in base alle esigenze radiofoniche, è la sede per gli auditori delle stazioni settentrionali e dove, dopo la fusione dell’orchestra di Milano con quella di Torino, si tengono i primi concerti del nuovo complesso sinfonico. Si formano compagnie di prosa, orchestre di musica leggera e compagnie di rivista, cresce l’orgoglio di fare radio a Torino e gli uomini di cultura credono nella radio e la sostengono. Negli anni si sviluppa un grande patrimonio culturale, storico, tecnologico e umano che ruota intorno alla radio.

A Torino sono conservati nel Museo storico della radio i pezzi storici e singolari della radiofonia. 800 oggetti originali e funzionanti dalla preistoria di Marconi, alla radio moderna.

QUANDO A SCUOLA SI ACOLTAVA LA RADIO

Ho incominciato ad andare a scuola nel 1959. Frequentavo la 1° classe elementare in un paese di montagna (Ceresole Reale, mt. 1700, a quei tempi in provincia di Aosta, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso). Tutte le mattine, prima di sederci nei banchi duri e scomodi,restavamo tutti in piedi,sull’“attenti”,per ascoltare l’Inno di Mameli attraverso un vecchio grammofono che ricordo ancora molto bene: aveva il marchio“La Voce del Padrone” e una grande tromba colorata che sembrava un fiore di primula. Nelle due classi, una composta da noi bambini e l’altra dalle bambine, sopra la lavagna c’era il Crocefisso,e ancora sopra una scatola grigia e quadrata, con la scritta “Cetra”: era l’altoparlante per ascoltare la Radio. Le lezioni incominciavano alle 7,30 del mattino e proseguivano fino alle 16,30 del pomeriggio. Noi pranzavamo insieme nel refettorio e facevamo già tutti i compiti a scuola. Quando si usciva,bisognava andare a casa ad aiutare i genitori nei lavori contadini.Certo, all’epoca si giocava ben poco. Durante le lezioni, un’ora al giorno era dedicata alla radio. Le trasmissioni arrivavano dall’ E.I.A.R. di Torino, mentre una volta al mese si ascoltava,da Roma, la voce del Papa Roncalli, Giovanni XXIII, sintonizzandosi sulla Radio Vaticana. Al termine di ogni trasmissione, si doveva spiegare alla maestra cosa avevamo capito e si scriveva anche un tema.

Ogni tre mesi, il direttore ci riuniva tutti nel suo studio, maschi e femmine, per raccontare la storia di Guglielmo Marconi, inventore della radio. Ci insegnava anche come era composta la Radio Rurale che ascoltavamo, un mobile di legno sempre tirato a lucido. Ci spiegava tutto sulle valvole, sugli altri vari elementi e sulle frequenze. Poi, ovviamente, si doveva scrivere un tema su tutta la spiegazionee c’era pure un voto. Al termine di ogni anno scolastico, finalmente, ci lasciava avvicinare alla radio a gruppetti di sei o sette, e scattava una foto ricordo.

Tutte le Domeniche pomeriggio, mentre i nostri padri ascoltavano all’osteria le partite di calcio ed era vietato disturbarli onde evitare discussioni furibonde, noi ragazzi andavamo in Canonica. Lì ci aspettava Don Pierino, che al tempo della guerra era un Marconista, addetto al funzionamento degli strumenti per le radiocomunicazioni. Si era costruito una piccola stazione radio, con le antenne sul campanile,e riusciva a mettersi in contatto con paesi dell’Italia e della vicina Francia. A noi spiegava, con entusiasmo e precisione, i meccanismi delle radio a galena, aiutandoci poi anche a costruirle. Nel periodo del 1963/64, ci fece imparare a memoria il codice Morse: ecco perché tanti di noi siamo diventati Radioamatori, grazie a quel simpatico parroco di montagna.

Sono felice di essere riuscito a recuperare il manuale della Radio Rurale, così possiamo condividere la sua storia, specialmente con i più giovani.

L’articolo è stato scritto da Orso Giacone Giovanni

Quando la radio faceva scuola

 

Nell’inverno del 1942-43, in conseguenza delle difficoltà della guerra, furono chiuse le scuole. Il ministro Bottai, sotto il cui controllo era rientrata qualsiasi attività radiofonica in ambito educativo, predispose un esperimento di «radioscuola»: al posto delle lezioni in classe, programmi radiofonici da ascoltare in casa (naturalmente solo per chi disponeva di una radio o per chi riusciva a organizzarsi con altre famiglie). Immaginate una barca senza remi. Sarà sbattuta di qua e di là dalle onde o dal vento. L’insegnante potrà costruire la barca, «ma i remi» – ammonisce il ministro Bottai nel discorso inaugurale rivolto agli studenti – «li dovete costruire voi… Ebbene, l’avete già capito, i remi sono, appunto, l’attenzione». Ma non c’è da preoccuparsi perché i ragazzi del 1942 sono «gente seria»: «non siete, forse, i figli, i fratelli, i parenti, gli amici dei soldati, che su vari fronti tanto seriamente combattono?».

L’idea di una programmazione radiofonica che fosse a servizio della scuola era in realtà nata una decina di anni prima con la creazione dell’Ente radio rurale che aveva il compito di portare notizie e consigli utili ai contadini e ai loro figli residenti nei più remoti villaggi. La radio entrava a scuola, ma molti maestri sembravano rimanere sordi alle seduzioni del nuovo mezzo. Le trasmissioni, oltre ad essere infarcite di dettami di dottrina fascista, soffrivano la zavorra di una tradizione retorico-umanistica, però c’era qualcosa di originale, almeno nelle intenzioni, nel voler mescolare scienza, educazione civica, musica, e nel tenere assieme il pubblico dei bambini e dei contadini adulti.

La radio italiana fin dalla sua nascita ha avuto un’attenzione particolare per i più piccoli. Elisabetta Oddone, una maestra montessoriana, già dal 1926, cioè solo due anni dopo l’inizio ufficiale delle trasmissioni, cura i programmi L’angolo dei bambini e Cantuccio dei bambini, con la messa in onda di tante novelle e storie dal sapore deamicisiano. Attorno alla radio possono sedere divertiti anche i bambini, ipnotizzati dalle magie dalla scatola sonora. Il problema è che i programmi per i più piccoli soffrono – ancor più di quelli per gli adulti – il peso dell’ideologia e della propaganda. Ecco allora che tra una favola sonora e qualche Pinocchio trasposto in musica, si ascolta la celebrazione degli eroi fascisti insieme alle virtù dell’aeronautica italiana. Eppure la radio italiana o in lingua italiana trasmessa da paesi stranieri – emittenti ascoltabili con buoni apparecchi e un’ottima dose di pazienza – sembrano, leggendo i palinsesti dei primissimi anni, delle scuole a cielo aperto: corso di francese, di inglese, di esperanto, di elettricità… L’educazione in tutte le radio del mondo è un campo d’azione cruciale. D’altronde far entrare la voce di un maestro, di un professore, di una persona che insegna (o la voce del padrone, per citare l’allora nota marca di grammofoni) in tutte le case contemporaneamente, abolendo le distanze, concretizza un’utopia. Utopia totalitaria ma anche democratica.

Il primo leggendario direttore della BBC, John Reith, sosteneva con convinzione che compito della radio pubblica era Information, education and entertainment. Queste tre parole sono state ripetute come un mantra per quasi un secolo e sono anche alla base della canonica tripartizione dei programmi del servizio pubblico. Walter Benjamin e Rudolf Arnheim, già agli inizi degli anni Trenta, erano convinti che occorresse però mescolare un po’ le carte, riuscire a educare divertendo e divertire educando. Il programma di intrattenimento doveva contenere implicazioni culturali non scontate e le trasmissioni educative non potevano che essere accattivanti. Nel dopoguerra le parole d’ordine informare, educare e intrattenere diventano anche in Italia il modello da seguire. Il divario con la BBC rimane grande, ma la voglia di rinascere e ripartire è fortissima e la radio ne diventa una delle più importanti interpreti.

Guido Gonnella, il ministro democristiano della Pubblica Istruzione, il 22 ottobre 1946 annuncia alla radio l’inizio del nuovo anno scolastico invitando ad avere fiducia nelle istituzioni e assicura l’impegno, anche del mezzo radiofonico, di combattere l’analfabetismo che riguardava allora sei milioni di persone. Comincia una vera e propria età dell’oro per la radio nella divulgazione della lingua italiana e della scolarizzazione, prima della televisione e quindici anni in anticipo rispetto al Non è mai troppo tardi del maestro Manzi. La radio per le scuole è un programma che va in onda la mattina, dalle 10.30 alle 11, offrendo rubriche studiate per i diversi livelli di istruzione, prima le elementari e poi anche le medie. Si organizzano concorsi e gare tra le classi per promuovere una partecipazione attiva degli studenti. Le scuole iniziano a munirsi di apparati di fono-diffusione. Pedagogisti, uomini di radio e qualche letterato si mettono al lavoro. Nei promemoria distribuiti ai collaboratori della Radio per le scuole si invitano gli autori a realizzare prodotti facilmente fruibili dai bambini. Per evitare le lunghe narrazioni monologanti, che riprodurrebbero l’approccio frontale e professorale della scuola, si spingono gli autori a prevedere forme di drammatizzazione con dialoghi pronunciati da poche voci e ben chiare. Il radiodramma nelle sue molteplici applicazioni (adattamenti di racconti, favole e fiabe) è la forma vincente e la produzione cresce esponenzialmente. La Compagnia di prosa della Rai di Firenze ha un ruolo decisivo nel gioco. Si pubblicano i copioni con l’avvertenza di seguire alla radio i testi e di prendere appunti, segnandosi la dizione corretta delle parole. L’educazione passa per le vie dell’intrattenimento

Antonio Santoni Rugiu, che dedicherà tutta la vita alla scuola e alla pedagogia, ma che in gioventù era tra i pionieri della radio come autore di «originali radiofonici», nel 1950 mette in guardia da queste nuove pratiche in un articolo dal titolo Sì e no della radioscuola («Radioquadrante», 1950): la radio nelle scuole può andare bene, ma solo con la collaborazione attiva e integrata dell’insegnante che rimane il «regista» assoluto del percorso educativo. La radio e la televisione non potranno mai sostituire il docente, ma potrebbero essere integrate con successo.

Tra le iniziative più riuscite si annovera il programma L’Antenna che dal 1954 al 1968 organizza incontri settimanali con i ragazzi delle scuole medie con la presentazione degli argomenti del programma didattico nel modo più coinvolgente possibile, con rievocazioni storiche, ricerche naturalistiche e curiosità anche extrascolastiche. Il programma, a grande richiesta, va in onda anche d’estate allo scopo di preparare gli studenti al nuovo anno scolastico. E poi c’è l’esperienza del centro di produzione della Rai di Torino che si specializza sia in una produzione creativa sperimentale   attenta anche alle evoluzioni della tecnologia, sia in programmi per ragazzi, anch’essi costruiti in modo nuovo e moderno. Sono gli anni – tra i Sessanta e i Settanta – durante i quali a Torino nasce e si sviluppa l’animazione teatrale, che mette al centro la creatività del bambino in connessione stretta con un teatro che esce fuori dai luoghi deputati e invade la città, compresa la radio, che è attenta e permeabile a questa nuova spinta culturale.

Quando si parla della radio precedente alla riforma del 1975, si fa sempre riferimento all’atteggiamento paternalistico, eccessivamente pedagogico, paludato della Rai; e anche arretrato rispetto alla ‘rivoluzione’ apportata dalle radio libere, dal mercato privato e dall’emersione dei ‘giovani’. Eppure più passa il tempo – complice forse l’attuale diffondersi dei podcast che risponde anche alla richiesta di una qualità maggiore dei programmi radiofonici – e più appare necessaria una rivalutazione complessiva di una stagione culturalmente vivace, e molto più aperta di quanto si pensi, ai problemi e alle necessità di un paese in rapido sviluppo e meno succube delle ragioni prettamente commerciali delle future radio di flusso.

Oggi la radio, e più in generale il mondo dell’audio, con l’espansione anche della rivoluzione digitale, sembra vivere una nuova primavera.   

Ma la radio, con le sue inscindibili piattaforme digitali, sotto questo aspetto può rispondere – supportata anche da insegnante o famiglia – alle richieste ‘di contenuto’ e in particolar modo a scopo didattico. Per fare due esempi, da Piccolaradio, a cura di Benedetta Annibali, «pensata per le bambine e i bambini e gli adulti a loro vicini»  gli ultimi anni può diventare una pratica divertente e istruttiva. E, come cantava Eugenio Finardi, “Quando son solo in casa / e solo devo restare / per finire un lavoro / O perché ho il raffreddore / C’è qualcosa di molto facile / Che io posso fare / è mettermi ad ascoltare (…) Con la radio si può scrivere / leggere o cucinare / Non c’è da stare immobili / seduti lì a guardare / e forse proprio questo / che me la fa preferire / è che con la radio non si smette di pensare”.