R. Wagner – Parsifal – Trama e Libretto

Trama

Antefatto

Il Santo Graal.

Sulla cima di una montagna, detta Monsalvato, il vecchio Titurel ha fondato un eremo inaccessibile di pace. I puri di cuore vi trascorrono una vita ritirata e casta, attingendo forza dalle sacre reliquie che Titurel custodisce nel monastero: il Graal – il calice con cui Cristo bevve nell’Ultima Cena – e la Lancia Sacra che ferì il Salvatore sulla Croce. Con questi tesori, i cavalieri difendono il bene nel mondo e accolgono coloro che si dimostrano capaci di comprendere la virtù. Anche Klingsor avrebbe voluto arruolarsi nella pia congregazione ma, non riuscendo a reprimere dentro di sé il richiamo del desiderio, ha conservata la castità mutilandosi con un gesto terribile; ciò ha determinato la sua condanna. Trovandosi preclusa la strada della salvezza, Klingsor è stato sedotto dal lato oscuro della fede, convertendo in magia nera la virtù dello spirito cristiano. Egli ha quindi trasformato le pendici del monte in un giardino pieno di delizie, dove donne di grande bellezza attirano i cavalieri del Graal soggiogandoli al loro potere. Anche il figlio di Titurel, Amfortas, è caduto miseramente nella trappola, abbandonandosi tra le braccia della più insidiosa tra le donne del giardino, “Kundry”, la cui doppia identità è misteriosamente sospesa tra il bene e il male. Klingsor ha ferito Amfortas con la Lancia Sacra, ripromettendosi di conquistare un giorno tutto il Graal. Tornato al monastero, Amfortas è torturato dalla piaga insanabile e i cavalieri sono condannati a languire con lui. Tutti attendono il redentore che dovrebbe arrivare per salvarli: il “puro folle”, insipiente di Dio.

Atto I

Scena 1° L’introduzione sinfonica espone con straordinaria ampiezza il motivo dell’Ultima Cena, articolato col tema della Fede in un discorso interrotto da lunghi silenzi. L’atmosfera di altissima sacralità si rivela fin dalle prime battute del preludio, collegandosi direttamente alla scena del primo atto. In una radura boscosa nei pressi del monastero, i cavalieri si destano al sorgere del sole; tra di loro è l’anziano Gurnemanz, il più saggio custode della virtù e della storia del Santo Graal. Giunge al galoppo la selvaggia Kundry, che appare nelle sincere vesti di amica dei cavalieri. La donna ha con sé un’erba medicamentosa proveniente dall’Arabia, pensando che possa servire per lenire la piaga di Amfortas. Dopo un accenno alla profezia del Salvatore, Amfortas viene condotto sul lago per l’abluzione giornaliera, mentre la natura sorride al sole del mattino.

Scena 2° Il lungo monologo di Gurnemanz svela goccia a goccia tutto l’antefatto del dramma, raccontando a quattro giovani scudieri il mistero di Kundry, le sue improvvise assenze e le sciagure che si abbatterono sulla confraternita. Il racconto è dominato dai cromatismi dei temi di Klingsor e della Magia, intercalati da una suggestiva variazione del tema della Fede sulle parole “scesero a lui, in notte santa e solenne…” (“la notte di Natale”, secondo la traduzione ritmica di Giovanni Pozza).

Scena 3° All’improvviso, un cigno cade ucciso da una freccia. Il cacciatore, Parsifal, viene catturato dai cavalieri e rimproverato severamente da Gurnemanz, che decanta la tenerezza degli animali in un commovente brano poetico. Quindi, interroga il ragazzo:

“Chi sei? Come ti chiami?”

Parsifal non risponde. Egli non conosce nulla del mondo e di se stesso, a parte il vago ricordo di sua madre Herzeleide. Colpito da tanta ingenuità, Gurnemanz pensa di metterlo alla prova: che sia lui il tanto atteso Salvatore?

Scena 4° L’ingresso alla sala del Graal è illustrato da una grande pagina sinfonica. Risuonano le campane mentre i cavalieri si dispongono lentamente intorno all’altare. Un coro di voci bianche scende dalla cupola:

Wagner immaginò la sala del Graal nel Duomo di Siena.

“Vive la fede, si libra la colomba, nobile messaggera del Salvatore: gustate il vino che scorre per voi, prendete del pane della vita” (tema della Fede).

La voce di Titurel risuona dalla profondità di una cripta. Egli invoca la forza del Graal che lo tiene miracolosamente in vita e chiede a suo figlio di scoprire la coppa.

“No!” grida Amfortas sollevandosi contro i cavalieri, “non si scopra ancora!…”

Il suo terribile lamento sgorga dalla ferita sanguinante e contrasta vivamente con la mistica atmosfera della cerimonia.

“Le onde del mio sangue peccatore, in una folla fuga, da me devono ancora fluire, per riversarsi nel mondo con torbido orrore…”

Nell’orchestra aleggia continuamente il tema della Cena, arcano monito che dalla ferita di Amfortas si propaga a tutta l’umanità. Ed è ancora la Cena che risuona come all’inizio del preludio, mentre il Graal – taciuto Amfortas – brilla di abbagliante luce rossastra. I cavalieri celebrano l’eucaristia e si stringono la mano. Intanto, defilato in un angolo, Parsifal resta immobile come un semplice spettatore; Gurnemanz gli chiede:

“Lo sai cos’hai visto?”

Il ragazzo allarga le braccia con espressione confusa.

“Non sei che uno sciocco!”

Seccato, il vecchio sacerdote lo allontana richiudendo la porta, mentre dalla cupola scende nuovamente la voce della Profezia:

“Sapiente per pietà, il puro folle.”

Atto II

Scena 1° I temi di Klingsor e della Magia commentano il breve preludio orchestrale, mentre la scena rivela l’interno di un favoloso palazzo arabo: Klingsor, guardando nel suo specchio magico, osserva Parsifal venire verso il castello. Solo il nemico del Graal riconosce il puro folle che potrebbe redimere i cavalieri, e lo attira dunque nell’abbraccio mortale di Kundry. L’evocazione della donna ne rivela il passato reincarnato: non fu già l’Erodiade che rise in faccia al Battista? Così Klingsor la chiama e la obbliga ad adempiere al proprio castigo. Ma pur preda di terribili sofferenze, Kundry ride in faccia anche a lui, beffeggiando la castità che lo accomuna ai cavalieri del Graal.

“Orribile angoscia!” grida Klingsor, “m’irride il demonio perché un giorno volli essere santo? Tormento di brama indomabile, impulso dei più terribili istinti, che in me costrinsi al silenzio mortale, ora si ride e si beffa di me!…”

Egli ricorda brevemente il passato, il mancato raggiungimento della virtù, l’umiliante esclusione che dovette subire da parte dei cavalieri.

“Già un altro espiò il suo disprezzo: il superbo, forte della sua santità, io colpii nel tronco!…”

Così apprendiamo la storia vista dall’altra parte, con gli occhi dell’antagonista, pure lui sofferente di una ferita provocata dall’incapacità di reprimere il desiderio. Ma Klingsor gioisce della sua vendetta, gioisce dei lamenti di Kundry e osserva l’arrivo di Parsifal affacciandosi alla soleggiata terrazza.

Il giardino incantato
(Villa RufoloRavello).

Scena 2° Il giardino magico prende il posto del palazzo. Tra fiori e colori d’oriente spuntano gruppi di belle fanciulle, che si rincorrono allegramente giocando con Parsifal.

“Che dolci profumi… Siete voi fiori?”

“Siam del giardino gli spiriti aulenti… Cresciamo nel sole d’estate… Sii il nostro tenero amico…”

La musica, nella scena più leggera del dramma, assume le cadenze di un valzer lento, tanto caro al critico Eduard Hanslick – antiwagneriano – che proprio qui credette di individuare il momento più bello di Wagner. Ma quando Parsifal cerca timidamente di fuggire, si leva sensuale la voce di Kundry:

“Parsifal!”

“Parsifal? Così in sogno mi chiamò mia madre.”

Parsifal nel giardino con Kundry.

Scena 3° La trappola che Kundry tende al ragazzo è chiara: privato dell’amore materno, egli ritroverà la gioia perduta nell’amore erotico: premonizione freudiana di straordinaria modernità. Sparite le fanciulle, la bellissima donna muove la seduzione su parole indugianti, quasi sussurrate, in una musica straordinariamente avvolgente. Gli parla della madre che lo accarezzava, gli parla della madre che lo cercava quando era lontano, che moriva nell’attesa del suo ritorno. Ascoltandola, Parsifal viene preso da un turbamento profondo, cedendo sempre più nello sconforto:

“La Madre, la madre potei scordare… Tuo figlio dunque t’uccise?… Che altro ancora scordai? Sol cupa follia resta in me.”

“Ceda la follia all’amore, quale ultimo saluto di materna benedizione.”

Kundry gli cinge le braccia al collo, mentre le sottili spire del tema della Magia si insinuano tra i corpi ora abbracciati. Un lungo bacio.

“Amfortas!!” grida Parsifal all’improvviso. “La piaga!!”

Tutto è compiuto. Un’ondata di “cosmica chiaroveggenza” inonda lo spirito di Parsifal, suprema rivelazione percepita al tocco del bacio di Kundry. Ora Parsifal sente di comprendere “l’inspiegabile”, sulle note del tema della Cena e dell’Agonia di Cristo, come simboli di un misterioso ricordo. Kundry lo guarda con stupita ammirazione, presa dal sincero desiderio di essere redenta e cercando quindi di attirarlo a sé:

“Se nel cuore senti gli altrui dolori, senti ora anche i miei! Se sei il Redentore, cosa ti vieta di unirti a me per la mia salvezza?… Lo vidi, vidi Lui, Lui, e risi! Ora lo cerco di mondo in mondo, per incontrarlo ancora, e posso solo gridare, urlare, nell’ombra cieca della mia follia… Lasciami piangere sul tuo petto, lasciami unirmi a te affinché in te io sia purificata!… “

Ma Parsifal la respinge con dolce violenza, ben sapendo che se acconsentisse il suo desiderio cederebbe sempre alla sua seduzione. La strada della Salvezza dev’essere compiuta in un altro modo. Kundry inveisce allora contro di lui, piena di violenta passione, chiamando aiuto affinché Parsifal non possa ritrovare la strada del suo Graal.

“Fermo!” grida Klingsor apparso improvvisamente, “t’inchiodo con la giusta arma! Arresti il folle la lancia del suo padrone!”

Il momento culminante del dramma è risolto con un’estrema riduzione di mezzi: un tremolio di archi, il tema del Graal, un glissando d’arpa. Klingsor scaglia contro Parsifal la Sacra Lancia, che resta miracolosamente sospesa sul capo di lui. Parsifal la afferra e traccia in aria il segno della croce. Subito il giardino si trasforma in deserto e il potere di Klingsor si dissolve nel nulla. Prima di allontanarsi, Parsifal si volge verso Kundry:

“Tu sai dove mi puoi trovare ancora!”

Atto III

Scena I L’apertura del terzo atto è simboleggiata dall’idea del deserto. Il deserto che ha preso il posto del giardino magico, il deserto e la solitudine interiore dei cavalieri del Graal, il deserto in cui Parsifal si è perso nella via del ritorno. Quest’immagine è descritta in un lento preludio strumentale, che costituisce una della pagine più drammatiche conosciute (citazione da Manuale wagneriano, di Gualtiero Petrucci).

Aperta campagna nei pressi di Monsalvato, all’alba del Venerdì santo. Gurnemanz si prende cura della povera Kundry, che giace intirizzita sotto un cespuglio di spine; umile penitente, le sue uniche parole sono “dienen, dienen” (servire), da qui fino alla fine. Ma è proprio lei, poco dopo, a notare un cavaliere misterioso profilarsi nel fondo.

“Lo riconosci?” sussurra Gurnemanz a Kundry. “È colui che un giorno uccise il cigno.”

Il tema della Cena riappare presentando Parsifal, mentre la Fede inonda il cuore del vecchio sacerdote riconoscendo la Sacra Lancia perduta. Dopo un accenno al Deserto, ha luogo il lungo rituale evangelico: Gurnemanz asperge il capo di Parsifal versando il contenuto di una fiala, mentre Kundry gli lava i piedi asciugandoli coi suoi capelli.

“I fiori del prato l’uomo risparmia con lieve passo. Ciò che fiorisce e che muore, oggi conquista il suo giorno d’innocenza.”

“Già vidi appassire coloro che mi sorrisero”, dice Parsifal alludendo alle fanciulle-fiori. “Oggi anelano forse a redenzione? Anche la tua lacrima si fa rugiada di benedizione. Tu piangi… Vedi? Ride il prato!”

Parsifal si china su Kundry e la bacia sulla fronte. La natura brilla ai raggi del Sole. Risuona l’Incantesimo del Venerdì santo.

Il finale del terzo atto a Bayreuth nel 1882
Scena di Paul von Joukowsky
Atto III, Nur eine Waffe taugt
(disegno di Arnaldo Dell’Ira, circa 1930)

Scena II È ora di raggiungere il monastero. Cambiamento di scena come nel primo atto: la musica si fa solenne e tragica, pesantissima al ritmo di una marcia funebre che contrasta con la dolcezza della scena precedente. Il corteo dei cavalieri procede con passo lento, tra le buie arcate della sala, portando nel feretro il cadavere di Titurel.

“Chi ha colpito colui che protesse lo stesso Dio?”

“Lo ha colpito il peso dell’età, che più non contemplava il Graal.”

“Chi gli vietò di contemplare la grazia del Graal?”

“Lo vietò il colpevole custode, che là scortate!”

Il corteo si sdoppia tra coloro che recano Titurel e coloro che recano Amfortas, in un coro dall’empito spettrale e sempre più ossessivo. Alla fine, la bara di Titurel viene scoperchiata. Amfortas si solleva lentamente e fissa il cadavere del padre:

“Padre mio, tu che ora contempli il Salvatore, la tua benedizione riconforti i fratelli e a me conceda la morte. Morte, unica grazia…”

I violini ripropongono il tema della Fede mentre Amfortas si lascia cadere tra vuote pause di dolore. Ma i cavalieri si levano minacciosi:

“Scopri il Graal! Tuo padre lo impone! Lo devi! Lo devi!”

“No!” grida Amfortas scagliandosi contro di loro. “Ah! Sento la morte farsi tenebra e dovrei ancora tornare alla vita?! Pazzi!…”

Egli si strappa le vesti e indica la piaga che gli strazia le carni, mentre il tema di Klingsor turbina tra le sue frasi scomposte.

“Ecco la ferita, immergete le vostre armi e uccidete il peccatore!… Brillare da solo il Graal si vedrà!”

Allora Parsifal allunga la Sacra Lancia verso di lui e, non appena la punta tocca la ferita, il viso di Amfortas si inonda di luce.

“Sia benedetta la tua sofferenza, che donò la forza della pietà e il potere della conoscenza…”

Questo canto supremo è accompagnato dal tema della Profezia, ora esaudita, che sembra avvolgere l’intero universo. Tutto il finale è impregnato di altissima sacralità, coi motivi le cui note sembrano fluire da una dimensione sovrumana. La melodia della Fede riappare più volte mentre Parsifal sale sull’altare quale nuovo Re del Graal. Kundry ritrova il Nirvana e cade trasfigurata ai piedi del Salvatore. Una bianca colomba scende dalla cupola.

“Redenzione al Redentore.”