Pietro Mascagni – L’amico Fritz – Trama e libretto

TRAMA

Atto primo
È il compleanno di Fritz Kobus, presentato, all’inizio dell’opera, nella sala da pranzo di casa sua in Alsazia mentre discute con il rabbino David del matrimonio nei confronti del quale egli si è sempre mostrato restio. David vorrebbe indurre Fritz a sposarsi e nel frattempo, facendosi egli stesso garante, gli chiede di prestare dei soldi a una giovane coppia. Fritz, pur criticando il matrimonio e l’amore dal quale si mostra immune, acconsente e intanto giungono gli amici Federico e Hanezo che vengono a fargli gli auguri di rito. Tutta questa parte iniziale è strutturata su due temi dei quali il primo cullante in 6/8  introduce il clima idillico di cui è intrisa l’opera, mentre il secondo di carattere frivolo, che appare in corrispondenza dell’ingresso dei due amici e si presenta come una rielaborazione del tema iniziale del Preludietto, con i suoi suoni staccati, sembra riprodurre onomatopeicamente il cicaleccio degli uomini.
Con l’arrivo degli amici il clima si mantiene allegro fino a quando Caterina, la governante di Fritz, annuncia, su un tremolo degli archi, l’arrivo di Suzel, figlia di un fattore di Fritz. La sua romanza, Son pochi fiori, che inizialmente presenta una scrittura da arioso incerta tra aperture liriche e ribattuti che indulgono al parlato, si staglia come un’oasi d’innocenza e di purezza accentuata dalla scrittura tenera e lirica che si libra alle parole Noi siam figlie, quando la fanciulla immagina che siano i fiori stessi a parlare. Il lirismo di Suzel contagia l’orchestra che alla fine della romanza ne riprende il tema principale, mentre Fritz, inizialmente sorpreso e quasi senza parole di fronte a quella manifestazione di purezza e d’innocenza, alla fine chiede del padre, promettendole che gli avrebbe fatto visita. Poco dopo giunge Beppe, vocalmente un mezzosoprano “en travesti”, che è annunciato dal suono del violino, suo fedele compagno. Dalla struttura fraseologica irregolare l’assolo del violino ci appare come una forma molto semplice di tema e variazione di carattere zingaresco di ascendenza lisztiana sia nei ritmi puntati (Es. 5) in fase cadenzale che ricordano la Seconda danza ungherese sia nel suo carattere apparentemente improvvisativo.
Beppe, su invito dei presenti, intona una semplice canzone di lode, dalla struttura strofica con un ritornello orchestrale che funge da introduzione, nei confronti di Fritz che avrebbe aiutato dei bambini poveri e lui stesso in situazioni di difficoltà. Non mancano onomatopeiche scale cromatiche che rappresentano l’infuriare della bufera, quando Beppe racconta la sua disavventura. L’uomo si schernisce, mentre Suzel, accompagnata dal tema della sua romanza, va via, lasciando Fritz con gli amici che scherzano sul matrimonio suscitando l’ironica ira di David. La sua invettiva, Per voi ghiottoni inutili, ha un sapore quasi grottesco grazie soprattutto a una musica inizialmente battagliera nella struttura ritmica dell’accompagnamento che ricorda lontanamente quello delle fiere cabalette verdiane come Di quella pira. Alla fine i due uomini scommettono: David diventerà padrone di una vigna di Fritz, nel caso in cui questi si deciderà a sposarsi. Una fanfaretta lontana, che esegue una semplice e gaia marcia dalla struttura tripartita sul tema del canto alsaziano Ich bin lustig, annuncia l’arrivo degli orfanelli beneficiati da Fritz che portano al loro benefattore il loro saluto e i loro auguri per il suo compleanno concludendo l’atto con un quadretto d’innocenza.


Atto secondo
Una fine e intelligente ironia, ottenuta con uno spostamento di accenti che coinvolge la parte iniziale del tema ripreso nella seconda semifrase in levare anziché in battere (Es. 6), informa la breve introduzione di carattere pastorale con la quale Mascagni ambienta la scena iniziale dell’atto secondo che si svolge all’interno della fattoria di Mésanges. Qui Suzel contempla le ciliegie che la fanciulla intende fare assaggiare a Fritz atteso per quella mattina, mentre l’orchestra introduce un motivo che sarà ripreso nel famoso duetto delle ciliegie. A dare un colore pastorale alla scena contribuiscono un coro di contadini che vanno a coltivare i campi e un oboe solista, quando Suzel, in attesa di Fritz, decide di comporre un mazzo di fiori intonando, nel contempo, una breve e semplice pastorella di struttura strofica nella quale si parla, come da convenzione, di un pastore che insidia una giovane fanciulla. Alla fine della pastorella entra in scena Fritz che, insieme con Suzel, dà vita al duetto delle ciliegie, pagina giustamente famosa dalla scrittura lirica e delicata, nella quale i due giovani, in un’ambientazione bucolica, scoprono di essere innamorati senza, tuttavia, mai dichiararsi reciprocamente il loro amore. Musicalmente il duetto, che sembra tratto da un’operetta per l’impostazione scenico-musicale con un lirismo borghese che indulge al parlato nei ribattuti iniziali del tema, si articola in tre momenti diversi, dei quali il primo, corrispondente ad uno scambio di battute tra i due giovani, formalmente è un recitativo che guarda all’arioso con echi della pastorella di Suzel “cantata” in orchestra. Nella seconda parte, Han della porpora (Andante sostenuto), di carattere lirico e dalla struttura tripartita (A-B-A1 con una coda), Mascagni tratta il 6/8 con estrema libertà reinterpretandolo come un 3/4 alla terza battuta (Es. 7), mentre nella terza parte (Tutto tace) si stabilisce una sottile e profonda correspondance tra la natura e i sentimenti dei personaggi che sembrano ormai quasi del tutto innamorati. L’incantesimo del duetto delle ciliegie si rompe subito dopo, quando un tema allegro, ironico e, come recita l’andamento, spigliato, introduce un improvviso cambio di atmosfera con gli amici, Beppe, David e Federico che, una volta giunti, vengono accolti da un nuovo tema cerimonioso in ¾ dalle movenze del valzer. Fritz invita gli amici a fare un giro per le sue terre; a loro non si unisce David che, rimasto solo sulla scena, commenta ad alta voce il comportamento di Fritz visibilmente innamorato di Suzel la quale giunge subito dopo ad attingere dell’acqua alla fonte offrendone al rabbino come nell’episodio biblico di Rebecca evocato subito dopo da entrambi in una scrittura accordale di carattere solenne. Alla fine al rabbino sembra che l’episodio biblico possa rinnovarsi con Suzel, novella Rebecca, e con lui stesso, nuovo messo del cielo, foriero della bella notizia del prossimo matrimonio. Come Rebecca, anche Suzel, alle parole di David, il quale le dice che colui che verrà dai campi sarà suo sposo, si nasconde pudicamente il viso, mentre Fritz e gli amici ritornano. Tra il nostro protagonista e David scoppia un piccolo alterco, quando il rabbino dichiara che Suzel presto sarà sposa suscitando la gelosia e la rabbia di Fritz. In questo passo l’ironia, che ha contraddistinto la scrittura musicale mascagniana, cede il posto al dramma e all’introspezione psicologica con Fritz che, rimasto solo (Quale strano turbamento), dopo aver riflettuto sul sentimento amoroso che lo sta agitando, decide di fuggir via. A questo punto giungono gli amici, accompagnati dal tema ironico e spigliato udito in precedenza, con i quali Fritz va via senza salutare il rabbino e Suzel visibilmente rattristata per la partenza dell’uomo del quale è già innamorata. Il pianto della donna, frammentato nella parte vocale, è espresso dall’orchestra che si produce in un malinconico tema all’interno del quale si sentono alcuni brevi frammenti che Mascagni avrebbe utilizzato, rielaborandoli, nel successivo celebre intermezzo.

Atto terzo
Un tema tortuoso e drammatico con cromatismi introduce e accompagna Fritz, ritornato in campagna e tormentato dal contrasto tra l’amore per Suzel e la volontà di non cedere. Tutto intorno a lui parla d’amore; persino un coro fuori scena e l’amico Beppe che, introdotto dal tema frivolo già udito al primo atto , intona una canzone, ironica nei rapidi svolazzamenti di semicrome (O pallida che un giorno), da lui stesso composta e dedicata a una sua fiamma. Fritz, alla fine, vinto dall’amore, intona la romanza, O amore, o bella luce del core, un vero e proprio inno ad esso, dalla struttura tripartita (A-B-A1, a cui si aggiunge una breve coda) e dalla scrittura intrisa di caldo lirismo. David, lì vicino, sente Fritz fantasticare d’amore e gli si avvicina parlandogli delle imminenti nozze di Suzel che lui stesso avrebbe combinato con un giovane allegro e ricco e aggiungendo che quello stesso giorno il padre sarebbe andato da lui a chiedere il suo consenso. Fritz, tormentato, dice che avrebbe negato il suo consenso e alla fine fugge via, lasciando solo sulla scena David raggiunto subito dopo da Suzel, la cui tristezza è ancora espressa da un lirico tema affidato agli archi. David, dopo aver incoraggiato la fanciulla, la lascia sola e Suzel, innamorata di Fritz dal quale ritiene di non essere corrisposta, canta la sua romanza, Non mi resta che il pianto e il dolore, nella quale i cromatismi ascendenti sembrano scandagliare l’animo tormentato di una donna che vede i suoi sogni d’amore troncati. Fritz sorprende la fanciulla in questo stato di mestizia e la interroga sulle nozze per lei combinate dal padre e dal rabbino, facendole confessare che ella non ama il suo promesso. Suzel chiede anzi a Fritz di negare il suo consenso (Ah! ditela per me quella parola) e alla fine l’uomo le confessa il suo amore in un’espansione lirica, Ma s’io t’aprissi le mie braccia, su un enigmatico accordo di settima diminuita. A questo punto senza più remore i due si scoprono innamorati e cantano il loro amore in una scrittura di acceso lirismo che si conclude con l’orchestra, che “festeggia” l’avvenimento in un’esplosione di colori e timbri. David, che ha assistito alla scena nascosto, dichiara di aver vinto la scommessa, ma dice di rinunciare alla vigna di Clairfontaine, della quale fa dono a Suzel. Si festeggiano, dunque, le prossime nozze e l’opera si conclude con le note della romanza, O amore, o bella luce del core.

(Fonte www.gbopera.it)