LA RADIO IN DOS

E’ stato presentato il libro LA RADIO IN DOS. Entriamo un pò piu’ nel merito riportando la premessa dello stesso libro, l’indice e le relative conclusioni.

PREMESSA

Le sfaccettature componenti il poliedro di una collezione sono molteplici.

Non esistono due collezionisti, pur dei medesimi oggetti, che si comportano allo stesso modo: ciascuno di essi si ingegna in attività, collegamenti, approfondimenti e ricerche al punto da rendere unica l’esperienza del singolo.

Queste riflessioni sono il frutto di una piacevole attività di osservazione e confronto durante i miei quasi quaranta anni di collezionismo di radio d’epoca.

Trascurando, al momento, il grado di approfondimento e di competenza di ciascuno di noi, le modalità attraverso le quali agire il proprio status di collezionista sono alquanto articolate.

Con riferimento alle radio d’epoca, gli oggetti che colleziono, c’è chi attribuisce priorità al corretto funzionamento della parte elettronica.

Questa tipologia si biforca tra chi si appresta a far funzionare l’apparato anche sacrificando l’uso di componenti originali e chi, invece, preferisce attendere di ascoltare quella radio e quando lo farà sarà solo con utilizzo di elementi assolutamente originali. 

Alcuni danno priorità alla componente estetica, vale a dire al mobile, di norma in legno, pur non trascurando i modelli in bakelite, gli articolati inserti cromati e i vari polimeri del tempo (moldrite, etc..).

Tra questi c’è chi ritiene opportuno riportare l’oggetto allo splendore iniziale e chi, invece, crede che la presenza di segni del tempo, come piccole ammaccature, righe e quant’altro, debbano rimanere per dare il senso del vissuto.

Il bello di una collezione sta anche nella  documentazione degli oggetti, nella ricerca del loro utilizzo, della loro produzione e commercializzazione.

Non credo esista una graduatoria delle sensibilità ed una giusta regola per collezionare.

In ogni caso, chi conserva, rispetta e valorizza gli oggetti di un tempo merita il plauso delle generazioni future.

Personalmente non ho ancora ben capito a quale stereotipo di collezionista appartenga.

So solo che faccio del mio meglio per  riportare gli oggetti che trovo alla dignità di un tempo,  e che mi fa particolarmente piacere ricercare come fossero “antropizzati” all’interno dei nuclei familiari nel periodo del loro massimo fulgore ed utilizzo.

In un precedente lavoro[1]  ho avuto modo di parlare della mia collezione e di quanto gli orbiti intorno.

Tra l’altro ho lambito le modalità di gestione delle informazioni sugli apparati, evidenziando che utilizzavo, ed utilizzo tuttora, programmi realizzati da me nel corso degli anni in GWBASIC, ambiente DOS.

In questa sede vorrei approfondire la tematica ed evidenziare in modo approfondito il processo di archiviazione e gestione delle informazioni in ambiente DOS considerando che, per sua natura, e per longevità, esso stesso rappresenta, ormai, un elemento da collezionare. 

Da qui il titolo, forse un po’ curioso, ma che intende dare dignità allo sforzo di voler continuare ad utilizzare una procedura vetusta per descrivere e gestire al meglio una collezione ancor più . . . .  datata: la radio in DOS.

Alcune riflessioni per inquadrare le pagine che seguono.

Questo lavoro non vuole essere un trattato di gestione delle informazioni, né tantomeno un manuale dell’applicazione che ho sviluppato.

Non ne avrei le competenze e, ammesso che in qualche modo ci si provasse ugualmente, non mi sarei più sentito libero come è nelle mie intenzioni.

A mano a mano che si formavano i pensieri in argomento si corrompeva l’idea di sviluppare qualcosa di stereotipato e di standard.

Pertanto il tutto va inquadrato nella logica del racconto di un’esperienza, sempre più spesso legata alla passione per quanto si pensa e si fa che non alla sua effettiva utilità.

Una volta impostata la logica del meccanismo di gestione delle informazioni l’abbandono dell’applicazione da me sviluppata, per abbracciare i più moderni strumenti di gestione dei data-base, mi avrebbe fatto risparmiare centinaia di ore di lavoro e di sforzi.

Ma non sarebbe stata la stessa cosa.

Nel lunghissimo periodo durante il quale ho sviluppato l’applicazione sono stato stimolato a ricercare le soluzioni più veloci e meno impattanti con gli angusti spazi di memoria che i programmi BASIC concedono.

Mi sono confrontato con professionisti e con appassionati, fino ad individuare le strade che mi sembravano più confacenti, dove la logica non era sempre il driver più seguito.

In alcuni casi ho privilegiato l’estetica, in altri l’estensione delle funzionalità. In altri ancora la sfida verso il nuovo.

Ma l’aspetto del quale sono maggiormente orgoglioso è la profonda innervatura tra la collezione e l’applicazione informatica che la gestisce. Un sodalizio  che dura, ormai,  da oltre trent’anni.

Insomma, siamo in presenza di un racconto. Una storia  che passa attraverso sterili videate di applicazioni informatiche, tecnicalità apparentemente distoniche, termini ormai desueti e consegnati alle pagine dell’archeo – informatica, ma pur sempre il racconto di un’esperienza di vita, di un contesto piacevole e di una ricerca che non ha mai cessato di essere tale.

INDICE

CONCLUSIONI

Parlare di un’applicazione informatica senza scivolare nell’arido non è semplice.

Non ci si emoziona mai parlando di bytes, rekords o gestione di  database.

Dalla mia ho l’esimente di aver provato a non trattarla da mero strumento di gestione ma, soprattutto, come elemento integrante ed indissolubile proprio di quella collezione che ha il compito di organizzare.

La ritengo una storia interessante, da raccontare, figlia di una caparbietà senza pari che si è sdoganata da tutte le novità informatiche degli ultimi 35 anni.

Per un terzo di secolo si utilizza lo stesso strumento per gestire la mia collezione.

Questa, a mio avviso, è la parte più interessante da raccontare.

Ci sono vari modi di prendere le cose e, come raccontavo all’inizio, questo rende unica una collezione.

Di qualsiasi raccolta si tratti.

Con l’auspicio di aver gemmato almeno un po’ di curiosità è tempo di chiudere i battenti con questa storia e . . . . arrivederci, anzi a rileggerci,  alla prossima.