La musica di Ameria Radio del 21 gennaio 2021 musiche di Bizet e Mendelssohn

Viaggio in Italia… (prima puntata)

Georges Bizet (1838-1875) – Roma, sinfonia in do maggiore

1.      Une chasse dans la forêt d’Ostie – Andante tranquillo, allegro agitato

2.      Allegretto vivo, scherzo

3.      Une procession – Andante molto

4.      Carnaval – Allegro vivacissimo

Prima esecuzione: Parigi, Cirque Napoléon, 28 febbraio 1869

RTVE Symphony Orchestra

Francisco Valero-Terribas, direttore

Composta nel 1855, la Sinfonia in do maggiore di Georges Bizet rimase del tutto sconosciuta fino al 1933, quando Reynaldo Hahn, che ne aveva ricevuto in dono il manoscritto dalla vedova del compositore ma che non gli aveva attribuito alcun valore, l’affidò alla biblioteca del Conservatorio di Parigi, dove non sfuggì a Jean Chantavoine, uno dei pochi critici francesi a dedicare a Bizet qualcosa di più d’un interesse superficiale, in un’epoca in cui i suoi compatrioti consideravano volgare la Carmen e frivola la restante sua musica. Immediatamente Chantavoine riferì la sua scoperta in un articolo, attirando su questa sinfonia l’attenzione del celebre direttore d’orchestra Félix Weingartner, che la giudicò «graziosa e molto raffinata nella forma e nell’orchestrazione, sebbene un po’ povera d’energia» e ne diresse il 26 febbraio 1935 a Basilea la prima esecuzione assoluta, con vivo successo, ribadito anche dalle numerose altre esecuzioni succedutesi in breve giro di tempo nei principali centri musicali d’Europa e d’America.

Testo di Georges Bizet

Roma, 16 maggio 1858

Mi attacco a Roma ogni giorno di più. Più la conosco e più l’amo. Tutto è bello qui. Ogni strada anche la più sudicia, è tipica; ha un suo carattere singolare, o qualcosa dell’antica città dei Cesari.

Particolare stupefacente, gli oggetti che più mi urtavano alla prima entrata in Roma fanno ora parte della mia esistenza: le Madonne ridicole al di sopra delle lampade votive, la biancheria stesa alle finestre, il fieno in mezzo alle piazze, i mendicanti. Tutto mi piace e mi affascina, e griderei al sacrilegio se togliessero un solo ammasso di fango.

Ci sono diversi modi di studiare Roma: si può guardare più all’aspetto artistico, o a quello pittorico e poetico, o ancora alla religiosità e alla politica oppure si possono osservare i costumi e il carattere dei suoi abitanti. Quest’ultimo aspetto seppur interessante è per noi molto difficile da approfondire, vista l’esclusione completa dei francesi dalla società italiana. Abbiamo trovato tutte le porte chiuse, infatti i francesi sono poco amati qui. Ma se gli italiani sbarrano le loro case, non possono chiudere i loro musei, le loro campagne, le loro chiese, il loro cielo, e l’uomo che sente il bello e il vero troverà qui di che ammirare e pensare. Vorrei anche mostrarti per un istante la splendida vista che ho dalla mia camera. Vorrei anche farti visitare il paradiso che noi abitiamo e che si chiama Villa Medici.

È delizioso. Le aurore e i tramonti sono splendidi. Il mio sogno è venire a comporre qui, più tardi. Si lavora meglio a Roma che a Parigi. Più vado avanti e più considero imbecilli coloro che non sono riusciti a comprendere la fortuna del pensionato dell’Accademia. Del resto, ho notato che questi ultimi non hanno mai fatto grandi cose. Halévy, Thomas, Gounod, Berlioz, Massé, hanno le lacrime agli occhi quando parlano di Roma. Leborne, Galibert, Cohen, Elwart attribuiscono la loro nullità al tempo che hanno perso, loro dicono, all’Accademia. Io sono più che mai certo del mio avvenire, non che io creda di non aver più nulla da fare, ma perché penso che posso e perché voglio.

Georges Bizet

in una lettera alla madre

Testi tratti da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Bizet/Bizet-Roma.html

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Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847) – Sinfonia n. 4 in la maggiore “Italiana” , op. 90 (MWV N 16)

  1. Allegro vivace (la maggiore)
  1. Andante con moto (re minore)
  2. Con modo moderato (la maggiore)
  3. Saltarello. Presto (la minore)

Prima esecuzione: Londra, Hanover Square Rooms, 13 Maggio 1833

Wiener Philharmoniker

John Eliot Gardiner, direttore

Come ogni artista tedesco anche Mendelssohn subì il fascino della terra dovie fioriscono i limoni; e nel 1830-31 compì il suo viaggio in Italia, fermandosi a Roma, dove strinse amicizia con Berlioz, e a Napoli. Proprio a questo periodo risalgono i primi abbozzi della Sinfonia in la maggiore che Mendelssohn non si risolse mai a pubblicare, nonostante le numerosi revisioni cui la sottopose successivamente, e che pertanto venne pubblicata postuma, come Quarta, mentre si trattava in realtà della sua terza sinfonia, terminati nel 1833, la cui prima esecuzione era avvenuta alla Società Filarmonica di Londra il 13 maggio di quello stesso anno sotto la direzione dell’autore.

Prima ancora delle pur importantissime allusioni al folclore italiano, in questa sinfonia occorre rilevare la straordinaria sicurezza della forma che la rende gemella della successiva sinfonia “Scozzese“. Queste due opere formano una coppia di composizioni in cui la ricognizione degli schemi classici è compiuta con originalità tanto maggiore quanto più solido è il controllo dei problemi costruttivi: esse sono in questo largamente accomunate e di gran lunga elevate al di sopra dell’ambiziosa irregolarità formale della sinfonia che precede immediatamente l'”Italiana” (la cosiddetta Quinta, intitolata “Riforma“) o dell’ipertrofica struttura sinfonico-corale della Seconda (il “Lobgesang“) che cronologicamente si colloca fra I'”Italiana” e la “Scozzese“. Quasi sempre lievi, ed estremamente stilizzati, i riferimenti italiani della sinfonia “Italiana” sono fusi, pur nell’accurata elaborazione tematica, in un organismo perfettamente scorrevole e funzionale. Il piglio brillante e l’animata eccitazione del primo tempo non intaccano la raffinata costruzione di una forma-sonata specialmente ricca di proposte e di sfumature, e lavorata con profonda attenzione anche dal punto di vista contrappuntistico. Il secondo tempo è costruito su un canto di processione, passaggio quasi obbligato nelle escursioni musicali italiane dei romantici (vedi l’Aroldo di Berlioz, di cui l'”Italiana” è l’equivalente mendelssohniano, sia pure meno fantastico e surriscaldato), col suo carattere vagamenente popolaresco, con certi suoi andamenti di danza, col suo sapore, talvolta, modale. Scorrevole e melodico risulta anche il terzo tempo Con moto moderato, che acquista vaghezza dall’indecisione intrinseca del modulo metrico utilizzato, ben definito e tuttavia oscillante fra il minuetto, lo scherzo e persine il valzer. Il Saltarello rende un omaggio conclusivo, fresco e scintillante, al mito di una latinità solare, orgiastica, impetuosa.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Mendelssohn/Mendelssohn-Sinfonia4.html