La musica di Ameria Radio del 11 gennaio 2021 – Musica di Gustav Mahler

A cura di Massimiliano Samsa

Gustav Mahler (1860 – 1911) – Sinfonia n. 1 in re maggiore

  1. Langsam, Schleppend, Wie ein Naturlaut; im Aanfag sehr gemächlich; belebtes Zeitmass
    (Lentamente, trascinato, come un suono della natura; all’inizio molto tranquillo)
  2. Kräftig, bewegt, doch nicht zu schnell; Trio, Recht gemächlich
    (Vigorosamente mosso, ma non troppo presto; Trio, Molto tranquillo)
  3. Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen
    (Solenne e misurato senza trascinare)
  4. Stürmisch bewegt. Energisch
    (Tempestosamente agitato)

Prima versione: Budapest, 30 Marzo 1888

Seconda versione: Vienna, 16 Agosto 1893

Prima esecuzione prima versione: Budapest, Redoutensaal, 20 Novembre 1889

Prima esecuzione seconda versione: Amburgo, Stadttheather, 27 Ottobre 1893

Prima esecuzione terza versione: Berlino, Neues Königliches Opernhaus, 6 Marzo 1896

Lucerne Festival Orchestra

Claudio Abbado, direttore

Composta nel 1888, su idee già nate in anni precedenti, la Prima Sinfonia di Mahler fu eseguita la prima volta a Budapest il 20 novembre 1889 sotto la direzione dello stesso autore, da poco nominato direttore del Teatro dell’Opera nella capitale ungherese; seguirono, sempre con il compositore sul podio, le esecuzioni del 1892 ad Amburgo, del 1894 a Weimar (qui con indignate reazioni della critica giornalistica, che infiammarono vieppiù la passione mahleriana di Bruno Walter diciassettenne), del 1896 a Berlino e del 1899 a Vienna.

L’opera nacque e si sviluppò sotto il segno di una tormentata temperie emotiva, alimentata sul piano esistenziale da passioni amorose senza speranza; una, particolarmente seria, fu quella stretta con la moglie di Cari von Weber, nipote del grande Carl Maria, nella cui casa e intimità Mahler aveva scovato la partitura incompleta dei Drei Pintos e conosciuto la famosa antologia poetica Il corno meraviglioso del fanciullo (Bruno Walter, con molta acutezza, chiamerà la Prima Sinfonia il “Werther” di Mahler). Nel progressivo assestamento della sua struttura la Sinfonia rivela qualche traccia di quel movimentato periodo: dapprima si presentò con la denominazione di “Poema sinfonico in due parti”, quindi fu battezzata Titan, con riferimento a una novella di Jean Paul Richter e con una serie di titoli sul genere della Sinfonia fantastica di Berlioz. Ma la concezione originaria di un poema sinfonico in due parti ha lasciato tracce anche nell’aspetto in cui la Sinfonia si è consolidata, e cioè nella netta contrapposizione fra i due primi movimenti, dal piglio solido e sereno, e gli ultimi due dai colori tragici ed eroici (un Andante intitolato Blumine, risalente agli anni di Kassel e in origine pensato come terzo movimento, fu soppresso da Mahler).

La Sinfonia si apre con una introduzione lenta che nei suoi punti focali sparsi è l’opposto della compattezza sinfonica classica: unisoni translucidi, richiami di strani cucù (“come voce di natura” suggerisce Mahler) che hanno imparato il loro verso per quarte anziché per terze discendenti, lontane fanfare di cacciatori perdutisi in una foresta senza tempo; il rintocco di quarta produce l’avvio del primo movimento, percorso da amabili temi (il primo derivato da “Me ne andavo stamane per i prati”, secondo brano dei Lieder eines fahrenden Gesellen), per lo più impostati su semplici figure di scale ascendenti e discendenti; ma il paessaggio dell’introduzione lenta tornerà a delinearsi, qui e nel Finale della Sinfonia, come riserva di idee, regione ideale da cui ripartire ogni volta per nuovi percorsi. Con il secondo movimento siamo nel quadro tradizionale dello Scherzo: robusti ritmi di danze morave per l’episodio principale, intercalato da un Trio in ritmo di valzer; ma ad un certo punto s’incide anche il profilo di Cajkovskij, tra l’altro conosciuto di persona da Mahler proprio nei primi mesi del 1888.

Il capitolo “umano” della Sinfonia si apre con la sua pagina più pregnante, in origine denominata Marcia funebre “in Callots Manier”; nella fantasia di Mahler aveva agito anche il “Funerale del cacciatore”, una illustrazione ben nota alla letteratura tedesca per l’infanzia, con il parodistico corteo degli animali del bosco che scortano, suonando e danzando, il catafalco del cacciatore; ma bastano i rintocchi del timpano, il canone popolare “Frère Jacques” intonato dal contrabbasso solo, l’intervento motteggiatore dell’oboe, perché tutto l’humor callottiano e hoffmanniano si condensi in una “personalità” timbrica di inaudita originalità; e anche il demoniaco personaggio di Roquairol, nel Titan di Jean Paul, deve averci avuto parte. Per due volte la marcia si apre a nuovi episodi: il primo costeggia il canto popolare ebraico, con echi di nasali cantilene del tutto consanguinee a quelle inserite ancora da Jerry Bock e Sheldon Harnick nel loro fortunato Fiddler on the roof; il secondo riprende il tema dell’ultima strofa (“C’era lungo la strada un tiglio”) del quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen. Il Finale, in forme talvolta esagitate, è dominato da un senso di ribellione, con qualche affinità con la musica di festa nell’episodio centrale del Klagende Lied; introdotto da un frammento cromatico dei violini di matrice “tristaniana”, si fa avanti anche un secondo tema cantabile, dove ancora Cajkovskij fa sentire la sua presenza. Dopo un ritorno alle “voci di natura” che l’avevano aperta, la Sinfonia si conclude con una trionfale sintesi di inno, marcia e fanfara; ma la stessa eloquenza con cui s’inarca e quasi si spacca assegna a questo trionfo qualcosa di insicuro, di pronto a rimettere tutto in discussione.

Giorgio Pestelli

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Mahler/Mahler-Sinfonia1.html