I Notturni di Ameria Radio del 30 dicembre 2020

A cura di Massimiliano Samsa

F. Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847) – Concerto in mi minore per violino e orchestra, op. 64

1. Allegro molto appassionato (mi minore)

2. Andante (do maggiore)

3. Allegretto non troppo (mi minore). Allegro molto vivace (mi maggiore)

Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal del Conservatorio, 13 Marzo 1845

MPO –Malta Philharmonic Orchstra

Sreten. Krstić. violino

S. Celibidache, direttore

Destinatario di questo concerto, assai popolare, fu un carissimo amico di Menndelssohn, il violinista Ferdinand David, che durante la lunga gestazione del lavoro (1838-44) dette più volte consigli al compositore per quanto riguardava la stesura della parte solistica, e ne fu poi il magistrale interprete quando Mendelssohn stesso diresse la prima esecuzione del lavoro il 13 marzo 1845, al Gewand-haus di Lipsia.

Il Concerto per violino op. 64 deve la sua fortuna soprattutto alla fascinosa invenzione tematica e al brillantissimo rilievo della parte del solista, bilanciato dalla felicità della scrittura orchestrale. Altrettanto importanti sono però le caratteristiche formali del concerto, in cui l’originalità di un grande protagonista della stagione romantica convive con la sicurezza costruttiva di un degno erede dei classici. Dietro l’irregolarità dei tre movimenti fatti succedere senza pause (con un breve Allegretto per collegare l’Andante al finale) o dell’ardito ingresso del violino solista già all’inizio del primo tempo, dietro allo slancio lirico che percorre ininterrottamente l’opera quasi fondendo ogni schema formale in un’unica bruciante offerta espressiva, si rivela altresì un’attenta saggezza artigianale. Anche proposte tematiche indimenticabili come quelle su cui è costruito il primo movimento, anche il lirismo commosso e fluente dell’Andante, nonché il virtuosismo aereo e fantastico del finale si compongono infatti in un insieme di raro equilibrio, sotto la conduzione di una mano sagace.

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847) – Sinfonia n. 4 in la maggiore “Italiana”, op. 90

  1. Allegro vivace (la maggiore)
  2. Andante con moto (re minore)
  3. Con modo moderato (la maggiore)
  4. Saltarello. Presto (la minore)

Prima esecuzione: Londra, Hanover Square Rooms, 13 Maggio 1833

Orchestra della RAI di Napoli

S. Celibidache, direttore

Come ogni artista tedesco anche Mendelssohn subì il fascino della terra dove fioriscono i limoni; e nel 1830-31 compì il suo viaggio in Italia, fermandosi a Roma, dove strinse amicizia con Berlioz, e a Napoli. Proprio a questo periodo risalgono i primi abbozzi della Sinfonia in la maggiore che Mendelssohn non si risolse mai a pubblicare, nonostante le numerosi revisioni cui la sottopose successivamente, e che pertanto venne pubblicata postuma, come Quarta, mentre si trattava in realtà della sua terza sinfonia, terminati nel 1833, la cui prima esecuzione era avvenuta alla Società Filarmonica di Londra il 13 maggio di quello stesso anno sotto la direzione dell’autore.

Prima ancora delle pur importantissime allusioni al folclore italiano, in questa sinfonia occorre rilevare la straordinaria sicurezza della forma che la rende gemella della successiva sinfonia “Scozzese”. Queste due opere formano una coppia di composizioni in cui la ricognizione degli schemi classici è compiuta con originalità tanto maggiore quanto più solido è il controllo dei problemi costruttivi: esse sono in questo largamente accomunate e di gran lunga elevate al di sopra dell’ambiziosa irregolarità formale della sinfonia che precede immediatamente l'”Italiana” (la cosiddetta Quinta, intitolata “Riforma”) o dell’ipertrofica struttura sinfonico-corale della Seconda (il “Lobgesang”) che cronologicamente si colloca fra I'”Italiana” e la “Scozzese”. Quasi sempre lievi, ed estremamente stilizzati, i riferimenti italiani della sinfonia “Italiana” sono fusi, pur nell’accurata elaborazione tematica, in un organismo perfettamente scorrevole e funzionale. Il piglio brillante e l’animata eccitazione del primo tempo non intaccano la raffinata costruzione di una forma-sonata specialmente ricca di proposte e di sfumature, e lavorata con profonda attenzione anche dal punto di vista contrappuntistico. Il secondo tempo è costruito su un canto di processione, passaggio quasi obbligato nelle escursioni musicali italiane dei romantici (vedi l’Aroldo di Berlioz, di cui l'”Italiana” è l’equivalente mendelssohniano, sia pure meno fantastico e surriscaldato), col suo carattere vagamenente popolaresco, con certi suoi andamenti di danza, col suo sapore, talvolta, modale. Scorrevole e melodico risulta anche il terzo tempo Con moto moderato, che acquista vaghezza dall’indecisione intrinseca del modulo metrico utilizzato, ben definito e tuttavia oscillante fra il minuetto, lo scherzo e persine il valzer. Il Saltarello rende un omaggio conclusivo, fresco e scintillante, al mito di una latinità solare, orgiastica, impetuosa.

Testi tratti da:   https://www.flaminioonline.it/Guide/Mendelssohn/Mendelssohn-Concertovl64.html

https://www.flaminioonline.it/Guide/Mendelssohn/Mendelssohn-Sinfonia4.html