I notturni Ameria Radio 5 febbraio 2021 Musiche di Petr Ilic Cajkovskij

A cura di Massimiliano Samsa

Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893) – 1812 “Ouverture solennelle” in mi bemolle maggiore, op. 49

  • Largo (mi bemolle maggiore). Allegro giusto (mi bemolle minore)

Prima esecuzione: Mosca, 20 agosto 1882

Berliner Philharmoniker

Claudio Abbado, direttore

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Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893) – Concerto per pianoforte n. 2 in sol maggiore, op. 44

  1. Allegro brillante e molto vivace
  2. Andante non troppo
  3. Allegro con fuoco

Prima esecuzione: Mosca, Società Musicale Russa, 11 marzo 1881

hr-Sinfonieorchester – Frankfurt Radio Symphony

Yefim Bronfman, Klavier

Paavo Järvi, Dirigent

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Questa pagina, tra le più popolari e largamente eseguite per la sua altisonante efficacia descrittiva, fu commissionata a Cajkovskij dall’Esposizione Pan-Russa delle Arti e dei Mestieri di Mosca nel 1880 ed eseguita in quella sede il 20 agosto 1882. L’Ouverture vuole essere una fantasiosa e fantasmagorica rievocazione della campagna napoleonica in Russia, realizzata con un’orchestrazione quanto mai brillante e ricca di effetti anche realistici. Si apre con un tema corale di viole, violoncelli e contrabbassi su un inno liturgico ortodosso dalla caratteristica struttura armonica modale. Nella presente edizione e per la prima volta nei concerti dell’Accademia il coro canta per 30 battute sulle parole «Dio proteggi il tuo popolo»; probabilmente in origine Cajkovskij aveva pensato di inserire a questo punto il coro che successivamente è stato tolto nelle normali esecuzioni concertìstiche. Agli archi si alternano i fiati nella esposizione dell’inno, per lasciare poi spazio ad una pensosa melodia dell’oboe solo (piangendo e molto espressivo, annota il compositore in calce alla partitura). La melodia viene ripresa dai fiati in un largo crescendo di tutta l’orchestra e, dopo un breve episodio con tamburo militare e squilli di corni, si giunge alla descrizione della battaglia: un disegno basato su un salto ascendente di ottava e su una veloce scala discendente passa da uno strumento all’altro dell’orchestra in una specie di fugato di crescente concitazione, mentre corni, trombe e tromboni espongono il tema della Marsigliese. La tensione giunta al culmine si spegne progressivamente in un passaggio di violoncelli e contrabbassi; con gli archi all’unisono, rinforzati dai fiati, si ode un tema popolare russo già usato da Rimskij – Korsakov nella sua Ouverture su temi russi. Si riaccende la battaglia sul tema russo e della Marsigliese, vero e proprio leitmotiv; a questo punto si innesta la sezione conclusiva del brano con l’orchestra scatenata in fortissimo e rafforzata da colpi di cannone e rintocchi di campane, mentre dalla solenne perorazione conclusiva emergono le note dell’inno ortodosso iniziale e dell’Inno zarista, quasi a simboleggiare la vittoria del popolo russo sulle armate napoleoniche, in un esaltante e travolgente en plein air strumentale.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Cajkovskij/Cajkovskij-Solennelle49.html

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Nel maggio del 1877 Cajkovskij ricevette una lettera da Antonina Miljukova, una giovane incontrata anni prima in Conservatorio: ella gli confessava d’essere innamorata di lui da molti anni, sin dai tempi in cui era studentessa di pianoforte. Il compositore, all’epoca assorbito dalla scrittura dell’Evgenij Oneghin, non diede corso a un rapporto epistolare. Tuttavia, mentre era intento alla composizione di una scena dell’opera, quella in cui Tatjana scrive una lettera d’amore a Oneghin, la Miljukova gli fece recapitare una seconda missiva. La concordanza tra fatto reale e fatto musicale impressionò Cajkovskij. In più, il bisogno di legittimarsi socialmente, quello di mettere a tacere malevole voci sulla sua omosessualità, un vago desiderio di paternità, lo spinsero a un gesto carico di nefaste conseguenze: nel luglio del 1877 sposò, pur non essendone innamorato, Antonina Miljukova e si trovò ben presto con l’urgente bisogno di porre fine al matrimonio. Tentò il suicidio senza riuscirvi, fuggì a San Pietroburgo e vi rimase quindici giorni in uno stato mentale quasi confusionale. Fu il lavoro a salvarlo; furono la Sinfonia n. 4, l’Oneghin, il Concerto per violino, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 (tutte partiture composte tra il 1877 e il 1880) che guidarono Cajkovskij verso un periodo di stabilizzazione emotiva. Il Concerto n. 2, in particolare, fu scritto tra dicembre 1879 e maggio 1880. Cavallo di battaglia di molti celebri pianisti per la sua difficoltà, oscurato ingiustamente dalla notorietà del Concerto per pianoforte e orchestra n. 1, il Concerto n. 2 è creazione brillante che sfrutta al meglio, grazie alle pregevoli idee musicali che lo permeano, le potenzialità dello strumento solista.

Pensata come partitura in cui si fondono virtuosismo esecutivo e temi popolari slavi, il primo movimento del Concerto, Allegro brillante e molto vivace, si apre con un veemente tema orchestrale di sapore russo subito seguito da un successivo tema dalle sfumature popolari più discrete. L’intervento solistico si cimenta nella ripresa dei temi suddetti ma anche nella loro elaborazione tramite fioriture e giochi d’eco. Sopra un terzo tema lirico l’orchestra si culla a lungo, accompagnando il solista in escursioni armoniche che fanno presagire direzioni poi schivate. L’esposizione e lo sviluppo del materiale melodico sono estremamente ravvicinati, quasi amalgamati in un momento unico; anche le riprese tematiche sono gestite dal compositore sfruttando effetti di sorpresa: nel momento in cui pregustiamo il ritorno del tema iniziale, per esempio, ci viene invece riproposto il secondo tema. I giochi dell’inaspettato servono a Cajkovskij per creare tensione musicale: il compositore si dimostra qui maestro nell’assecondare o tradire le nostre attese. Solo quando le possibilità della tastiera sono state ampiamente sondate con una prolungata cadenza del solista, torna, chiudendo il movimento, il festoso tema iniziale. Questo primo Allegro è, in fondo, una Fantasia per pianoforte e orchestra su temi popolari russi. Sulla presenza e il significato di questo materiale si sofferma il compositore in una lettera del marzo 1878: «per ciò che attiene l’elemento russo nella mia musica, cioè i giri armonici e melodici imparentati con il canto popolare, questo viene dal fatto che sono nato in una provincia periferica, che fin dalla mia infanzia sono stato impregnato dell’ineffabile bellezza e dei tratti caratteristici del canto russo». L’approfondimento teorico e intellettuale in merito era comunque iniziato presto. Tra il 1868 e il 1869 Cajkovskij aveva adattato per pianoforte a quattro mani cinquanta canti folcloristici prendendoli in parte da una edizione di Cento canti popolari russi pubblicata nel 1860 da Kostantin Villebois, in parte dalla collezione del compositore Balakirev. Nel 1872 aveva poi approntato una nuova versione della raccolta Sessantacinque canti popolari editi da Vladimir Prokunin e nel 1877 aveva curato l’armonizzazione di due raccolte di canti russi e ucraini destinate all’educazione dei bambini.

Ritorna costantemente nel suo epistolario la riflessione sull’utilizzazione del materiale folcloristico, necessario, secondo Cajkovskij, all’artista desideroso di donare alla propria musica l’intensità profonda del mondo slavo. Gli strumenti compositivi della tradizione europea sono poi, nell’opinione del nostro, un viatico essenziale per far assurgere alla dignità dell’arte tale humus espressivo nazionale.

Riguardo alla combinazione di tratti europei e nazionali, è significativo il secondo movimento, un meditativo Andante non troppo: la melodia principale, preludiata da un morbido sipario dell’orchestra, è cullante e romantica, guarda un po’ all’Europa ma accenna sfumature popolari. Gli archi intervengono presto in suo sostegno per poi nuovamente lasciare da solo il solista. Tuttavia, poco dopo, egli si trova impegnato nel ruolo di accompagnamento, sezione che introduce un comune momento lirico. Altro luogo, oltre a quello iniziale, in cui le due tendenze culturali sopraccitate si fondono con risultati di notevole suggestione, è la coda, dove l’Andante sfuma in chiaroscuri minacciosi e a un tempo sognanti sul vibrato degli archi e gli arpeggi del pianoforte.

Chiude il Concerto n. 2 un Allegro con fuoco: la sua vivace apertura danzante consiste nell’esposizione di una tema popolare, seguito da un virtuosismo minuto dai tratti scherzosi e brillanti. Anche il successivo tema, ancora tra il volante e il danzante, innesca uno scintillante scambio di parti tra l’orchestra e il pianoforte. Il colore terso dell’orchestrazione, la sfavillante digitazione pianistica, donano a tutto il movimento una trascinante luminosità.

Il Concerto, estroverso e intimistico a un tempo, spinge a riflettere su un’altra dote di Cajkovskij compositore: oltre a saper fondere gli aspetti espressivi europei e il mondo folcloristico, egli riesce a coniugare intimismo e festosità facendoceli apparire come parte di una sola necessità espressiva.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Cajkovskij/Cajkovskij-Concerto44.html