A cura di Massimiliano Samsa
Johannes Brahms (1833-1897) – Ein deutsch’es Requiem per soli, coro e orchestra, op. 45
- Selig sind die da Leid tragen – coro – Ziemlich langsam und mit Ausdruck [Abbastanza lento e con espressione] (fa maggiore)
- Denn alles Fleisch es ist wie Gras – coro – Langsam, marschmässig [Lento, tempo di marcia] (si bemolle minore)
- Herr, lehre doch mich – baritono e coro – Andante moderato (re minore). Fuga (re maggiore)
- Wie lieblich sind deine Wohungen – coro – Mässig bewegt [Andante moderato] (mi bemolle maggiore)
- Ihr habt nun Traurigkeit – soprano e coro – Langsam [Lento] (sol maggiore)
- Denn wir haben hie – baritono e coro – Andante (do minore). Fuga (la minore)
- Selig sind die Toten – coro – Feierlich [Solenne] (fa maggiore)
Prima esecuzione: Brema, Cattedrale di San Pietro, 10 Aprile 1868
Elisabeth Schwarzkopf, soprano
Dietrich Fischer-Dieskau, baritono
Philharmonia Chorus
Philharmonia Orchestra
Otto Klemperer, direttore
Frutto di una lunga gestazione, che va dal 1854 al 1868, Ein deutsches Requiem op. 45, appartiene alla prima fase creativa di Brahms. L’idea originaria di questo grande affresco per soprano, baritono, coro e orchestra, si fa risalire alla morte dell’amico Robert Schumann, avvenuta nel 1856, e al recupero di alcuni elementi di una sonata per due pianoforti, in re minore, scritta nel 1854: il movimento iniziale fu impiegato, in posizione analoga, nel Primo concerto per pianoforte, mentre l’Adagio fu utilizzato nel secondo movimento del Requiem tedesco.
Il progetto di un Requiem prese forma probabilmente dopo la morte della madre di Brahms, nel febbraio del 1865, visto che lo stesso anno furono portati a termine tre dei sette movimenti in cui si articola la composizione nella sua veste definitiva (e precisamente il primo, il secondo e il quarto). Nell’aprile del 1866 Brahms compose il terzo movimento, e durante l’estate anche il sesto e il settimo. Un’esecuzione parziale della partitura, limitata ai primi tre movimenti, avvenne il 1° dicembre 1867, con johannes Herbeck sul podio e il baritono Rudolf Panzer come solista. E fu un disastro. Ciononostante, Karl Reinthaler, maestro di cappella nel duomo di Brema, era così convinto della bellezza di questa composizione che se ne assicurò la prima esecuzione completa, che diresse il 10 aprile del 1868, il giorno del Venerdì santo, nel duomo di Brema (con Julius Stockhausen come solista). Questa volta il successo fu tale che il Requiem tedesco venne replicato il giorno successivo, e l’eco di questo trionfo contribuì in maniera decisiva a consolidare la fama di Brahms in tutta la Germania e nel resto dell’Europa. Mancava però ancora, rispetto alla versione definitiva, il quinto movimento (con soprano solista), che Brahms compose solo nei mesi successivi e che fu eseguito in forma privata il 17 settembre 1868 a Zurigo (col soprano Ida Suter-Weber e diretto da Friedrich Negar) e fu poi inserito stabilmente all’interno del Requiem. La versione integrale in sette movimenti fu eseguita per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 18 febbraio 1969 con Carl Reinecke sul podio, e Emilie Bellingrath-Wagner e Franz Krükl come solisti.
Il Requiem tedesco ha l’organico tipico del grande oratorio romantico, ma non ne ha i caratteri: manca infatti la dimensione del racconto, le arie, i cori, l’azione drammatica. Non ha nemmeno alcun rapporto con la Missa pro defunctis della liturgia cattolica, non ha la teatralità del rito romano, è piuttosto un lavoro meditativo, privo di contrasti drammatici, un’opera corale che riflette la concezione protestante della morte, intesa come trapasso a una vita migliore, un lavoro quindi profondamente tedesco, più vicino agli oratori di Bach che alla dimensione spettacolare del Requiem di Berlioz o di quello verdiano.
Il testo è costituito da passi tratti dall’ Antico e dal Nuovo Testamento, selezionati e montati dallo stesso Brahms in maniera del tutto personale, ma in modo da dare a ciascun movimento sostanza poetica e un preciso significato. Il risultato è un affresco corale di grande intensità espressiva, che fa tesoro delle precedenti esperienze del Begräbnisgesang op. 13 (Canto funebre) composto nel 1858, per l’atmosfera cupa che lo pervade, e della Cantata Rinaldo op. 50, per il trattamento del coro e dell’orchestra. I primi tre movimenti si possono raggruppare in una grande descrizione delle miserie della vita terrena e della sua fragilità, e introducono temi come la consolazione per i vivi, la confidenza nella bontà divina, l’attesa della resurrezione. Gli altri quattro movimenti evocano invece la felicità della vita eterna, la redenzione del mondo da parte di Cristo, la consolazione del Paradiso che attende l’uomo dopo le sofferenze dei giorni terreni. Brahms crea una solida architettura, dominata dalle tonalità maggiori (non da quelle minori come sarebbe logico in un Requiem – anche i movimenti in tonalità minore si concludono in maggiore), ricorrendo a forme semplici nei movimenti estremi (il I e il VII in forma di Lied) e in quelli centrali (un rondò nel IV movimento, e una semplice forma ternaria nel V), adottando una scrittura tendenzialmente statica e un’orchestrazione priva di colori brillanti.
Nel primo movimento in fa maggiore, Ziemlich langsam und mit Ausdruck (Moderatamente lento con espressione), mancano ad esempio i violini e l’ottavino, i clarinetti, le trombe, la tuba e i timpani. Dopo una cupa introduzione dominata dalle semiminime ribattute dei bassi, il coro intona il celebre frammento del Discorso della Montagna (Matteo 5, 4) – «Selig sind, die da Leid tragen» (Beati coloro che soffrono) – su un motivo di tre note (fa – la – si bemolle) che costituisce una sorta di cellula generatrice di tutto il materiale tematico. Il movimento conserva un incedere lento e austero, con alcune sottolineature dell’orchestra (ad esempio la parola «Leid», sofferenza, è sottolineata da un accordo dei tromboni, e seguita da un breve disegno ascendente dell’oboe, che anticipa il motivo della consolazione, «getröstet werden»), con una sezione centrale in re bemolle maggiore – «Die mit Tränen säen » (Quelli che seminano nelle lacrime raccoglieranno nella gioia: Salmo 125) – sottolineata dalla presenza angelica delle arpe, che poi ritornano a illuminare anche la coda.
Il secondo movimento – «Denn alles Fleisch, es ist wie Gras» (Poiché tutta la carne è come l’erba) – è una strana marcia funebre in si bemolle minore, su un ritmo ternario, quasi di sarabanda, scandito dai timpani. Brahms mescola frammenti di testo diversi (I Lettera di Pietro 1, 24, 25; Lettera di Giacomo 5, 7; Isaia 35,10) e crea due ampie sezióni musicali contrastanti: alla marcia in tonalità minore si contrappone così una sezione centrale in sol bemolle maggiore -«So seid nun geduldig, liebe Brüder» (Ma voi fratelli attendete con pazienza l’avvento del Signore) – un po’ più animata e dal carattere sereno, che ben si adatta all’immagine del contadino che attende il frutto della terra. Dopo la ripresa del tema iniziale, che emerge prima in pianissimo, poi viene scandito in fortissimo, come l’incombere di un destino implacabile, e una breve transizione (Un poco sostenuto), il movimento si conclude con un ampio fugato (Allegro non troppo) in si bemolle maggiore – «Die Erlöseten des Herrn werden wieder kommen, und gen Zion» (I redenti dal Signore ritorneranno e andranno verso Sion con giubilo) -: un fugato basato su un tema pieno di slancio, e trattato in maniera molto libera, ricco di colpi di scena, di scarti agogici, di accelerazioni improvvise, di illustrazioni dirette del testo.
Anche il terzo movimento – «Herr, lehre doch mich» (Fammi sapere, o Signore) -, basato sul Salmo 39 e sul Libro della Sapienza (3, 1), può essere letto come un grande preludio seguito da una fuga: la prima parte, un Andante moderato nel quale fa il suo ingresso il baritono solista, è basata su una struttura responsoriale dove ogni versetto declamato dal solista viene ripreso dal coro; la sezione centrale («Ach, wie gar nichts») è sottolineata da un improvviso passaggio al maggiore, dal metro ternario, dallo sfogo lirico del solista cui risponde il drammatico richiamo del coro – «Nun, Herr, wes soll ieri mich trösten?» (Ora signore cosa posso sperare?) – che poi si spegne sugli accordi ribattuti dei legni; il movimento si conclude con una grandiosa fuga in re maggiore – «Der Gerechten Seelen sind in Gottes Hand» (Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio) – con tre sviluppi, appoggiata, per tutta la sua durata, su un pedale di re (Brahms prescrive in partitura che i contrabbassi accordino la corda più grave, quella di mi, un tono sotto).
Una dimensione quasi pastorale emerge invece nel quarto movimento, di nuovo affidato al solo coro – «Wie lieblich sind deine Wohnungen» (Quanto sono amabili le tue dimore: Salmo 84) -, in un tempo moderatamente mosso (Mässig bewegt): è il centro luminoso del Requiem tedesco, un canto di gioia e di lode, aperto da un’ampia arcata dei soprani, caratterizzato da un’orchestrazione trasparente e leggera, e da una scrittura polifonica che si infittisce solo negli episodi centrali.
Il quinto movimento – «Ihr habt nun Traurigkeit» (Anche voi ora siete tristi) – è una grande aria per soprano e coro, in forma tripartita, che ricorda le arie delle Passioni bachiane: un’aria dall’espressione estatica, accompagnata da morbidi arabeschi, basata sul commiato di Gesù ai suoi apostoli durante l’ultima cena (Giovanni 16, 22), che si alterna con altri versetti della Bibbia intonati dal coro (Siracide 51, 35; Isaia 66, 13). Dopo una sezione centrale molto modulante («Sehet mich an»), nella ripresa il tema si espande e vien ripreso alla fine dal soprano solista insieme ai tenori, in un sofisticato canone per aumentazione.
Avviato da un accordo trascolorante tra archi e legni, il sesto movimento (Andante) – «Denn wir haben hier keine bleibende Statt» (Poiché qui siamo privi di una stabile dimora) – ha una struttura musicale articolata e drammatica, che distribuisce i diversi passi biblici (Lettera agli Ebrei 13, 14; Lettera ai Corinzi 15, 51-55; Apocalisse 4, 11) sul tema della speranza della Redenzione, in otto diversi episodi. Culmine drammatico è l’episodio Vivace che richiama il giorno del giudizio – «Denn es wird die Posaune schallen, unddieToten werden auferstehen unverweslich» (Suonerà, infatti, la tromba, e i morti risorgeranno incorrotti) -, quadro apocalittico, movimentato dai martellanti blocchi corali, dagli ostinati di semicrome negli archi, dallo squillo degli ottoni, dagli sviluppi modulanti. Il progressivo accumulo della tensione sfocia ancora una volta in una grande fuga conclusiva, in do maggiore, a due soggetti: una fuga gioiosa, che celebra la potenza del Signore.
Il movimento finale – «Selig sind die Toten» – è una pagina solenne (Feierlich) che ritorna al fa maggiore iniziale, e chiude anche concettualmente la parabola che va dal «Beato chi vive nel dolore», al «Beato chi muore nel Signore» («Selig sind die Toten, die in dem Herrn sterben»), sulla base di un frammento dell’Apocalisse (14, 13) già usato da Schütz nel Musikalisches Exequiem. È una pagina di estrema semplicità formale (ABA), che evoca la pace celeste (e ricorda l’antifona «In Paradisum» del Requiem latino), grazie anche all’orchestrazione diafana e alla morbida melodia dei soprani, echeggiata dai bassi e poi ripresa in forma di corale. Un’improvvisa frase solenne, accompagnata in pianissimo dai tromboni («Ja der Geist spricht»), introduce la seconda parte, in la maggiore, accompagnata dalle linee bucoliche di oboe e flauto, momento consolatorio, pieno di inflessioni cantabili, che paragona la morte al riposo dal lavoro. Dopo la ripresa, il movimento si conclude, ciclicamente, con una citazione del motivo tricordale del primo movimento («Selig sind») e della coda dello stesso, nove battute nelle quali ricompaiono le arpe che suggellano il finale paradisiaco, promessa di beatitudine e di consolazione.
Gianluigi Mattietti
Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Brahms/Brahms-Requiemtedesco.html