I notturni Ameria Radio 10 febbraio 2021 Musiche di F. Mendelssohn-Bartholdy e Franz Joseph Haydn

A cura di Massimiliano Samsa

F. Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847) – Sinfonia n. 3 in la minore “Scozzese”, op. 56

  1. Andante con moto (la minore). Allegro un poco agitato. Assai animato
  2. Vivace non troppo (fa maggiore)
  3. Adagio (la maggiore)
  4. Allegro vivacissimo (la minore). Allegro maestoso assai (la maggiore)

Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus Saal, 3 Marzo 1842

London Symphony Orchestra

Claudio Abbado, direttore

La Sinfonia n. 3 op. 56 “Scozzese” venne ultimata da Mendelssohn nel 1842 e costituisce in realtà il suo ultimo lavoro sinfonico, anche se nel catalogo delle sue opere viene seguita dalla Sinfonìa n. 4 “Italiana” del 1833 e dalla Sinfonia n. 5 “Riforma” del 1830.

L’idea embrionale e le prime suggestioni gli vennero da un viaggio in Scozia intrapreso nel 1829 in compagnia dell’amico di famiglia Carl Klingemann. A Edimburgo Mendelssohn rimase impressionato dall’Holyrood Palace e dai luoghi storici legati a Maria Stuarda («Oggi, in questa antica cappella, credo di avere trovato l’inizio della Sinfonia scozzese», scrisse alla sua famiglia). Ma dovette trascorrere ancora un decennio prima che le idee germinali, gli spunti e l’ispirazione trovassero concretizzazione: di fatto il lavoro venne ripreso solamente nel 1841, in un periodo di intensa attività creativa. Conclusa nel gennaio 1842, la “Scozzese” venne poi dedicata alla regina Vittoria ed eseguita la prima volta a Lipsia il 3 marzo del 1842.

Si tratta di un’opera unitaria, di forte ispirazione, che evoca con grande suggestione paesaggi e sensazioni ora eroiche, ora malinconiche, ora grandiosamente epiche; è articolata in quattro movimenti da eseguirsi senza soluzione di continuità fra uno e l’altro, incorniciati da un’introduzione lenta (in la minore) e da un solenne epilogo (in la maggiore).

La Sinfonia n. 3 si apre con un Andante con moto che di fatto introduce il primo movimento caratterizzato da una sorta di corale solenne e grave che si leva dai fiati (oboi, clarinetti, fagotti e corni) cui subito si uniscono viole, violoncelli e bassi. L’atmosfera piuttosto cupa è data anche dall’assenza dei violini, che si odono invece nella seconda frase dell’Andante, una sorta di delicata “invocazione”. I due elementi si fondono in un episodio elaborativo che sfocia nell’Allegro un poco agitato in 6/8: il primo tema, dal piglio quasi eroico, viene esposto dagli archi, subito ripreso dai fiati e sviluppato dall’intera orchestra (Assai animato). La leggerezza e la grazia dell’orchestrazione mendelssohniana sono qui straordinarie: il motivo scorre con disinvoltura da uno strumento all’altro per poi accendersi nelle folate fortissimo di tutta l’orchestra. Il secondo tema, in mi minore, è quasi una preghiera sommessa (violini) che porta alla fine dell’esposizione. Dopo il ritornello dell’esposizione, troviamo uno sviluppo nel quale i due temi principali si fondono mirabilmente, affiorando ora qua ora là nel tessuto orchestrale ribollente di tremoli ed energiche galoppate in fortissimo. La coda del movimento sembra quasi evocare una tempesta di mare (scale cromatiche in crescendo degli archi) e porta diritta al ritorno dell’Andante iniziale, col suo corale dei fiati, che di fatto conclude il primo tempo.

Senza soluzione di continuità, il secondo movimento Vivace non troppo si apre con un delizioso motivo pentatonico esposto dal clarinetto sul tremolo di violini e viole: un omaggio di Mendelssohn alla musica folklorica scozzese. Il motivo passa poi subito a flauti e oboi e, con un moto di gioia irresistibile, all’intera orchestra che lo ripete in fortissimo. La breve esposizione viene completata col secondo tema, delicato e saltellante, esposto sottovoce dagli archi; nella sezione di sviluppo l’intreccio dei due temi è mirabilmente condotto da Mendelssohn attraverso una scrittura orchestrale lieve, delicata, quasi cameristica: in una parola “magica”. La ripresa conclude il movimento che, anche qui, quasi senza soluzione di continuità sfocia nel successivo Adagio, la pagina più lirica e intensa dell’intero lavoro. Il suo primo tema è un canto disteso e nostalgico affidato ai violini primi e accompagnato in pizzicato dagli altri archi; il secondo tema è invece una sorta di triste fanfara che parte dai legni per contagiare tutta l’orchestra in un motivo quasi funebre. I due temi poi si intrecciano e si uniscono: ai richiami della fanfara, ora intensi e drammatici, rispondono infatti gli archi col motivo lirico che ne smorza gli effetti lugubri. La ripresa dei due motivi viene impreziosita da un’orchestrazione diversa dall’esposizione, più ricca e coinvolgente.

L’ultimo movimento è un Allegro vivacissimo travolgente di energia ritmica e di forza espressiva; i due temi principali (guizzante il primo in la minore, esposto dagli archi; scattante ed energico il secondo in mi minore, presentato da oboi e clarinetti) sono complementari e soggetti a intensa elaborazione contrappuntistica. La sezione di sviluppo è mirabilmente giocata sull’intreccio dei due motivi, esposti in episodi fugati leggeri e scorrevoli, e sulla preziosa orchestrazione. La ripresa ci riserva una sorpresa: un lungo pedale di tonica dei bassi, sul quale si leva la voce del clarinetto che ripropone il secondo tema, sembra quasi concludere la Sinfonia in pianissimo; la musica si ferma (pausa generale) e il finale viene affidato a un Allegro maestoso assai in la maggiore dal carattere di solenne inno conclusivo.

Testo tratto da: https://www.flaminioonline.it/Guide/Mendelssohn/Mendelssohn-Sinfonia3.html

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Franz Joseph Haydn (1732 – 1809) – Scottish Songs for G. Thomson

Hob.XXXla    170, 219, 214, 124, 202, 227

  • The Broom of Cowdenknows, Hob. XXXIa:170
  • She Rose, and Let Me in, Hob. XXXIa:219bis
  • Waly Waly, Hob. XXXIa:214bis
  • The Wee, Wee Man, Hob. XXXIa:124bis
  • Robin Adair, Hob. XXXIa:202
  • Rattling Roaring Willy, Hob. XXXIa:227

Haydn Trio Eisenstadt

Jamie MacDougall, tenore

Lorna Anderson, soprano