Trama
L’opera è ambientata in Germania tra il 1755 e il 1757.
Atto I
Carlo ha abbandonato la casa paterna ma desidera ritornarvi (O mio castel paterno) quando viene a sapere tramite una lettera firmata dal padre che egli lo ha bandito da casa e ha intenzione di imprigionarlo. Allora decide di mettersi a capo di una banda di masnadieri (Nell’argilla maledetta).
In realtà la lettera è stata scritta dall’invidioso e perfido fratello, Francesco, che intende impossessarsi dei territori del padre Massimiliano, il reggente di Moor. Francesco chiama il servo Arminio e gli ordina di vestirsi da soldato e di andare dal padre recandogli la falsa notizia che Carlo è morto (Tremate o miseri).
Intanto Massimiliano dorme placidamente, e Amalia, un’orfana adottata da lui ed innamorata di Carlo, lo contempla e ricorda l’amato (Lo sguardo avea degli angeli). Il vecchio si sveglia ed esprime ad Amalia la sua preoccupazione per la lontananza di Carlo; entra Francesco che annuncia l’arrivo di Arminio travestito, il quale riferisce la falsa notizia. Massimiliano non regge al dolore e sviene; Amalia, credutolo morto, fugge, e Francesco già gioisce all’idea di possedere i territori del padre (Morto? Signor son io!).
Atto II
Massimiliano è creduto morto, e viene organizzato un banchetto in onore di Francesco. Amalia si sottrae alla festa, e ricorda l’amato Carlo che crede morto (Tu che del mio Carlo); in quel momento entra Arminio, che, pentito, le svela la verità, e Amalia gioisce nel sapere che Carlo e Massimiliano sono ancora vivi (Carlo vive!). Entra Francesco, che cerca di convincere la fanciulla a dimenticare l’amato morto, ma lei lo disprezza.
Nel frattempo Carlo, diventato capo dei masnadieri, si rende colpevole dei più atroci delitti, pur rimpiangendo la sua vita precedente e l’amata Amalia.
Atto III
Amalia è riuscita a fuggire dal castello di Francesco, ma è terrorizzata dalle voci dei masnadieri che sente nella foresta. Incontra Carlo, e i due si riabbracciano dopo tanto tempo. Amalia lo informa che Francesco è diventato signore dopo la morte di Massimiliano, e che ha tentato di usare violenza su di lei; Carlo giura di vendicarla, ma prima si rinnovano le promesse d’amore (Lassù, lassù risplendere).
I masnadieri intanto hanno scelto come base le rovine diroccate di una torre. Carlo veglia, insonne, e scorge un’ombra avvicinarsi a un pozzo con una grata, da cui esce una voce. È Arminio che porta da mangiare a un prigioniero, ma fugge spaventato appena vede Carlo. Carlo toglie la grata e scopre che l’uomo nel pozzo è il vecchio padre, il quale gli racconta di essere stato gettato lì a morire di fame dal figlio Francesco (Un ignoto, tre lune or saranno) e sviene. Carlo giura vendetta, e sveglia i masnadieri: insieme attaccheranno il castello di Francesco.
Atto IV
Francesco, intanto, è colto dai rimorsi e dagli incubi: racconta ad Arminio un incubo in cui gli sembrava di essere Caino maledetto da Dio (Pareami che sorto da un lauto convito). Arminio esce e arriva il pastore Moser, che gli comunica che Dio lo sta punendo per i suoi crimini; Arminio rientra e li avverte che i masnadieri stanno invadendo il castello, e Francesco, pur sapendo che presto morirà, lancia l’ultima bestemmia contro Dio.
Nel covo dei masnadieri, Massimiliano continua a invocare invano Francesco, e a chiedere il perdono di Carlo. Non sa ancora che il capo dei masnadieri è suo figlio; Carlo lo rassicura dicendo che il figlio lo perdonerà. In quel momento entrano i masnadieri, di ritorno dal castello, conducendo Amalia come prigioniera. Carlo, allora non può più tenere nascosta la verità al padre e all’amata: è lui il capo di quella masnada di ladri e assassini (Caduto è il reprobo!). Amalia giura di amarlo anche se è un criminale, ma Carlo, piuttosto che trascinarla nella polvere, la uccide e si appresta a consegnarsi alla giustizia.