Riportiamo alcuni approfondimenti sulla pubblicazione RISATE RADIOSE già presentata in radio. Di seguito il link che porta direttamente al sito dell’editore LULU.COM.
Segue il testo del capitolo PREMESSA
Consulto frequentemente riviste specializzate che parlano di radio. La mia passione di collezionista mi porta a disporre di testi che vanno dagli anni ‘20 ai ’50.
Dalle stesse traggo notevoli spunti, elementi tecnici, curiosità, pubblicità ed altro.
Sono quel naturale carburante che alimenta la mia passione, unitamente alle radio che ho raccolto nel corso del tempo.
Ho potuto constatare che in molte riviste sono contenute vignette satiriche, alcune delle quali veramente simpatiche e pungenti.
All’inizio non ci ho fatto particolarmente caso ma, con il passare del tempo, e l’acuirsi della sensibilità, la loro presenza mi ha lasciato sempre meno indifferente.
La loro capacità di portare messaggi, non sempre subliminali, mi ha affascinato.
Per quanto ovvio l’equivoco ed il paradosso la fanno da padrone.
Si può gustare meglio la loro lettura ed interpretazione provando a fare un salto nel tempo ed incastonare la relativa scena nel tessuto politico, economico e sociale del momento in cui è stata generata.
Colpisce la scena in cui chi non ha pagato l’abbonamento della radio è pervaso da incubi notturni e, ancora, chi gioca sulla terminologia delle componenti radio, sconosciute ai più per l’effetto novità che, negli anni ’20, ancora non aveva interessato la massa.
Insomma, la radio aveva contribuito a mettere ancora più carne al fuoco alimentando la portata divulgativa delle vignette e, al tempo stesso, era diventato oggetto della attenzione dei disegnatori dell’epoca.
Mi è sembrato opportuno raccogliere quelle più significative e proporle in una raccolta il cui fine, ovviamente, non è esaustivo ma esclusivamente divulgativo.
Queste vignette sono state disegnate da qualcuno, inserite in riviste da qualcun altro.
Io mi sono solo preso la briga di aggregarle nel modo più ordinato possibile e proporle in quest’ottica.
Non è escluso che a questa raccolta non possa conseguirne qualcun’altra.
Staremo a vedere.
Intanto buona consultazione, con l’auspicio di poter generare qualche . . . . risata radiosa!
Segue il testo del capitolo VIGNETTE che intona la pubblicazione
Prima di procedere con l’osservazione dei gruppi di vignette individuati, propongo qualche cenno storico in argomento. La vignetta umoristica, o di satira politica, ha ormai una storia ultra secolare.
E’ un disegno, generalmente rappresentato all’interno di un riquadro, contenente una singola scena della striscia, della tavola o dell’intero volume a fumetti.
L’ordine e le dimensioni delle vignette sono fondamentali, perché rappresentano una scelta stilistica e narrativa ben precisa.
Ad esempio vignette di dimensioni e forme diverse forniscono una narrazione più movimentata.
Al contrario di un’impostazione con numero di vignette fisse, tutte della stessa dimensione, che esprimono meno dinamismo.
Per alcuni studiosi la successione delle vignette crea un fenomeno percettivo analogo a quello del montaggio cinematografico ed effettivamente la funzione delle vignette è simile a quella delle inquadrature, con cui hanno alcune similitudini, fra queste:
- il punto di vista. Sulla drammaticità della scena influisce molto se la prospettiva è dal basso (in genere l’effetto è sovrastante, l’immagine incombe su chi guarda) piuttosto che dall’alto (dove si ottiene l’effetto contrario, di predominanza di chi guarda rispetto al soggetto raffigurato/ripreso).
- Le luci. La distribuzione delle luci, legata nel fumetto alla teoria delle ombre, può essere utilizzata, ad esempio, per ottenere cupi effetti di chiaroscuro così come per delineare sagome controluce che creano atmosfere particolari.
- i colori. L’uso dei colori può contribuire a creare un’ambientazione più o meno drammatica, in base allo stile e alla tecnica scelti.
Cinema e fumetto differiscono in altri aspetti, pur avendo in comune una rappresentazione illusoria e bidimensionale di una realtà tridimensionale.
I mezzi tecnici utilizzati dai due media per rappresentare l’azione sono completamente diversi, sia per i costi che per il numero di persone impiegate (un fumetto può realizzarlo anche una persona sola).
Ma le contaminazioni tra di loro, rafforzate dall’ondata di cinecomics (film tratti da fumetti, prevalentemente ma non esclusivamente con protagonisti supereroi), restano comunque importanti per evidenti analogie di linguaggio. Un’accezione molto importante della vignetta, come termine tecnico del fumetto, come mezzo espressivo, è la vignetta umoristica o di satira politica, messa a punto dal vignettista spesso anche caricaturista, in cui tutto si risolve in una singola inquadratura (vignetta) in sé conclusa e finita. All’interno del riquadro si trovano uno o più personaggi con le loro battute, in genere brevi e fulminanti.
La storia della vignetta politica in particolare è ormai ultrasecolare e ha annoverato anche autori assurti a notevole fama.
Alla ribalta dall’ottocento questa forma d’arte, che utilizza la potenza dell’immagine per trasmettere contenuti satirici, non verrà più abbandonata, fino ad essere attuale anche ai giorni nostri.
In Italia tra l’ottocento e il novecento si assiste alla nascita dei famosi giornali satirici.
“L’Asino”, “Il becco giallo”, “il Guerin meschino” sono solo alcuni dei tanti che vedono la luce in questo periodo.
Per buona parte del secolo precedente le vignette, e i giornali che le ospitano, riescono ad avere un impatto spaventoso sulla vita politica e sull’opinione pubblica.
Personalmente mi hanno molto colpito le opere di Giuseppe Novello[1] che ho gustato con grande interesse e piacere. Più di tutte la raccolta “Che cosa dirà la gente?” nel quale parla della vita di tutti i giorni, strana guerra in borghese, che non è sempre bella, che spesso è scomoda, e che ogni giorno richiede dal “signore di buona famiglia” qualche atto di modesto eroismo.
Se si vuole difendere la propria trincea c’è poco da scherzare.
Dall’altra parte ci sono gli altri, che ci giudicano, che parlano (appunto: che cosa dirà la gente?).
Forse questa raccolta, più di altre, si correla allo spirito di quanto mi appresto a proporre nelle prossime pagine.
Proseguendo nell’excursus storico, nel 1950 il settimanale umoristico “Candido” pubblicava una vignetta in cui l’allora Presidente della Repubblica Einaudi era ritratto mentre passava in rassegna una fila di bottiglie di vino invece che di Corazzieri. Scoppia così il “caso Einaudi”.
Nel mirino del giornale era finito il fatto che tali bottiglie circolassero con la dicitura “Poderi del Senatore Luigi Einaudi” sull’etichetta, e che quindi il Presidente sfruttasse la sua carica a fini commerciali.
Il direttore responsabile del “Candido”, il celebre scrittore Giovannino Guareschi, fu condannato per vilipendio al Capo dello Stato insieme a Carletto Manzoni, autore della vignetta, a otto mesi con la condizionale.
E oggi? Il mondo della satira è in crisi da molti anni e lo stesso di conseguenza si può dire della vignetta satirica. Tutti gli storici giornali satirici sono scomparsi progressivamente con il passare degli anni.
La vignetta sembra ormai relegata ad una funzione di sfondo, l’abitudine rassicurante sulla prima pagina del quotidiano che ti strappa un sorriso o una risatina amara.
Ma il 7 gennaio 2015 torna prepotentemente protagonista.
Due attentatori, infatti, entrano a Parigi nella sede del giornale satirico francese “Charlie Hebdo” e uccidono dodici persone tra le quali cinque vignettisti del periodico.
I terroristi avevano deciso di colpire “Charlie Hebdo” proprio a causa di alcune vignette che come bersaglio avevano l’Islam.
In seguito all’attentato si è aperto un nuovo dibattito sulla satira nei nostri giorni: da una parte i sostenitori della libertà di espressione sempre e comunque, dall’altra coloro che credono che, nonostante tutto, la satira debba porsi un problema morale.
Tuttavia, se è vero che nei giorni successivi all’attentato la grande maggioranza dell’ opinione pubblica occidentale, e quindi anche italiana, si schierava senza dubbio con i vignettisti e la loro libertà di espressione con lo slogan “Je suis Charlie”, è altrettanto vero che le reazioni sono state decisamente diverse in due occasioni recenti che hanno visto nuovamente protagonista il settimanale francese.
La prima è la pubblicazione di una vignetta in seguito al terremoto nell’Italia centrale dell’ estate 2016. Nell’immagine, intitolata “Séisme à l’italienne” (Terremoto all’italiana), le vittime del terremoto vengono paragonate a tre piatti tipici della nostra cultura: “Penne all’arrabbiata”, illustrato con un uomo sporco di sangue; “Penne gratinate”, e “Lasagne”, strati di macerie alternati ai corpi rimasti sotto.
La seconda riguarda un’altra tragedia italiana: la valanga che ha travolto l’hotel a Rigopiano.
In questa vignetta l’immagine della morte scende dalla montagna in mezzo ad una valanga.
Le reazioni sdegnate, che in alcuni casi sono arrivate a invocare la censura, della maggioranza degli italiani, pur se possono essere comprensibili dal punto di vista emotivo, vanno quindi viste come un’incongruenza nei confronti della salvaguardia della libertà di espressione e della vocazione principale della satira, il cui scopo è far riflettere anche pungendo e facendo male, oppure c’è un limite alla satira?
Domande apparentemente semplici alle quali non è altrettanto facile dare una risposta.
A dire il vero, in questo contesto, era mia intenzione proporre solo alcune delle vignette che ho incontrato nell’analisi delle varie riviste specializzate.
Ferma restando la loro rappresentatività, e il ruolo che si sono meritate nel mai ben definito libro dell’arte, per una volta gustiamoci la loro parte più ludica e spensierata e, a ben pensare, forse non meno qualificante.