APPROFONDIMENTI : PRESENTAZIONE LIBRO “INCONSAPEVOLI EMOZIONI” INSIEME ALL’AUTORE PROF SIMONE FAGIOLI

Sabato 27 febbraio 2021 è stato presentato il libro INCONSAPEVOI EMOZIONI del prof Simone Fagioli, personaggio la cui estrema poliedricità sembra cozzare con la sua giovane età.

Questo il link al PODCAST della trasmissione.

https://www.spreaker.com/user/12791851/presentazione-libro-inconsapevoli-emozio_1

Simone Fagioli , al centro dell’immagine, tra Umberto Alunni a sinistra e Maria Teresa ferrante e Paolo Pellegrini a destra, è un professore, filosofo, poeta, storico e critico d’arte.

http://www.simonefagioli.it/

Conseguita la laurea specialistica con lode in filosofia teoretica, morale, politica ed estetica presso l’Università degli Studi di Perugia, diventa professore di filosofia e storia in Italia e in Svizzera.

Negli anni 2018, 2019 e 2020 consegue l’EunomiaMaster in alta formazione politico-istituzionale.

Già Presidente dell’Associazione Culturale “FareCultura”, è Accademico Benemerito dell’Accademia Costantiniana di Roma, socio della Società Filosofica Italiana, dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma e della Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche.

RECENSIONE

“Inconsapevoli emozioni” è una silloge poetica di oltre cento liriche che si snoda in tredici capitoli e un epilogo dal titolo “Della bellezza e dell’atto poetico”, breve saggio di estetica.

Già di primo acchito, si nota che il nuovo libro di Simone Fagioli non è solo una semplice raccolta di poesie. Infatti, il volume riunisce parte del lavoro che Fagioli ha svolto negli ultimi 17 anni di intensa attività letteraria e comprende anche un breve compendio della sua personale ricerca estetica.

Le tematiche affrontate da Fagioli sono le più varie, anche se il filone più consistente è quello amoroso. Tuttavia, il canzoniere non è monotematico: vi si leggono poesie impegnate come quelle dedicate alla tragedia americana delle due Torri (“Oggi, 11 Settembre 2001, siamo…”) o al dramma della perdita del lavoro vissuto dagli operai delle Acciaierie alla di Terni (“Terni, un grido di voce”); delicatezza di sentire attesta la poesia dedicata alla tragedia di Cogne (“Samuele a tre anni vita”).

S’incontrano anche paesaggi campestri e ritratti di città: Spoleto, la città natale; Perugia, la città degli studi universitari. Accanto alle atmosfere cittadine, anche i paesaggi campestri e la cultura contadina rivivono nella poesia di Fagioli.

Da un punto di vista teoretico, tutte queste liriche hanno un’origine comune, vale a dire il fatto che tutte nascono da “inconsapevoli emozioni”, provate dallo stesso poeta. E quivi si giunge alla ricerca estetica di Fagioli, esposta nell’epilogo del volume. Egli afferma che un poeta «avverte, presenti in sé, inconsapevoli emozioni che lo attraversano irrazionalmente come incontenibili e travolgenti vampe di fuoco, come irrefrenabile successione di entusiasmanti sentimenti, di sacri afflati e divine manie: ha così cominciamento l’atto dello scrivere in versi, teleologicamente rivolto alla creazione ed alla composizione poetica». Inoltre, sempre nell’epilogo, Fagioli, oltre a formulare una sua teoria estetica definita come una “estetica semplice”, egli sostiene l’impossibilità di definire un concetto oggettivo di bellezza, oltre al fatto che la poesia, come disvelamento dell’essere, rappresenta bellezza e verità.

E quale è, a questo punto, il legame del poeta con la realtà che vive?

Come già notava nel 2004 il critico letterario Roberto Rizzoli, la poetica di Fagioli «rappresenta un punto di riferimento nei confronti di quel “salto generazionale” con cui anche l’arte e la poesia prima o poi si trova a dover fare i conti. In Simone Fagioli, infatti, la necessità di esprimersi attraverso la parola scritta si sovrappone ad una quotidianità spesso ingestibile, e allora colpisce positivamente la sua capacità di controllo delle emozioni in cui unisce la tradizione poetica al vissuto della sua contemporaneità». Il poeta, nel caso di specie, racconta la sua particolare vicenda personale, che diventa però un canto universale della realtà, entro cui il lettore può specchiarsi ed immedesimarsi. I suoi versi cantano la realtà che lo circonda e per far questo adotta spesso, come punto di partenza, un aspetto del suo personale vissuto interiore. Fagioli, in definitiva, canta sé stesso per cantare la società entro la quale vive, cercando di far emergere punti di vista non convenzionali, universali e anticonformistici, ma sempre all’intero di una tradizione poetica. Sotto questo profilo, il Prof. Francesco d’Episcopo nella prefazione al volume sottolinea che «il poeta è felicemente condannato a una inquietudine, che può assumere altre varie denominazioni: accidia, melancholia, che lo inducono a “sentire” la realtà più degli altri, a vederla e stravederla nel nome di una gioia o di una sofferenza, che sfida e viola i confini convenzionali e tradizionali, imposti dagli altri». Quanto appena sostenuto trova conferma nelle stesse parole di Fagioli, che nella parte finale dell’introduzione afferma che «chi scrive continua a credere più che mai nell’assoluta necessità culturale e sociale della figura del poeta nella neo-modernità e nella poesia come cura dell’anima».

Pertanto, due possibili chiavi di lettura del testo, al di là dei temi trattati dalle singole liriche, sono sia la volontà di rappresentare un “salto generazionale” rispetto al contesto culturale, dal momento che egli incarna le istanze e le sensibilità tipiche dei millennials sia il naturale legame del poeta con la realtà, che cerca di interpretare e di cantare, con le parole della verità della poesia.

PREFAZIONE DELLA RACCOLTA (prof. Francesco D’Episcopo già docente di Letteratura italiana, Critica letteraria e Letteratura comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”)

E tu chiamale, se vuoi… Sono le note parole di un canto di Mogol-Battisti, che sono spesso risuonate nella nostra vita a scandire quelle “inconsapevoli emozioni”, alle quali questa silloge è interamente dedicata. Ho conosciuto Simone Fagioli molti anni fa a Spoleto, ammirai la sua cordiale disponibilità ad accompagnarmi in macchina a Città di Castello a ritirare un Premio, presieduto da Alessandro Quasimodo, al quale lo presentai. Era un giovane ricco di vita e di entusiasmo, amante delle gioie che l’esistenza gratuitamente ti dona e che egli era pronto a cogliere, anche rischiosamente, come Adamo, dall’albero dell’Eden. Me lo ritrovo ora filosofo, critico d’arte (antica passione spoletina, se ben ricordo), addirittura componente della Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche. Tutto ciò che vuol dire? Che quel giovane, così intelligente e inquieto che io conobbi e al quale mostrai simpatia per la sua disinteressata disponibilità, è maturato, si è fatto uomo e con la passio- 8 ne, che lo ha sempre contraddistinto, ha dato un solido sostrato estetico, esistenziale a tutte quelle pulsioni, avide e ardenti, che si affollavano nella sua mente, nel suo cuore, invocando una cittadinanza in cui chiarirsi e, solo in parte, placarsi. Sì, perché il poeta, secondo una linea metodologica, che da Sant’Agostino attraverso Petrarca, per giungere sino a Tasso e Leopardi e, volendosi solo per un tratto allargarsi all’ambito più propriamente europeo, coinvolge il simbolismo francese e il suo nume tutelare Baudelaire; il poeta, si diceva, è felicemente condannato a una inquietudine, che può assumere altre varie denominazioni: accidia, melancholia, che lo inducono a “sentire” la realtà più degli altri, a vederla e stravederla nel nome di una gioia o di una sofferenza, che sfida e viola i confini convenzionali e tradizionali, imposti dagli altri. Tutto, nel segno e nel nome di quelle “inconsapevoli emozioni” che il poeta prova e di cui il Fagioli ci offre un campionario ovviamente personale, ma capace di coinvolgere nel suo spettro “emozionale” il lettore, il quale viene, a sua volta, a “sentirsi” compagno di viaggio e di avventura, che il poeta propone, delle originali cronache quotidiane del proprio vissuto, le quali, si badi bene, non risultano mai scontate o fini a se stesse, ma sottendono sempre una sorta di élan simbolico, teoretico, 9 si sarebbe tentati di dire, che rivendica alla realtà una sua insospettabile dimensione metafisica. Si ha la forte sensazione e l’”emozione” di dover sollevare il velo, che inevitabilmente copre il mistero della esistenza, per giungere finalmente alla sua essenza, che è fatta, e non poteva essere diversamente, di bellezza, di amore, di condivisione di un destino confuso, che il poeta prova a smuovere con parole ferme, filettate nelle infinite domande, destinate anch’esse a rimanere senza risposta. Alla presunzione della filosofia, che vuole tutto spiegare, Fagioli risponde con la contraddittoria dialettica di una poesia, che vuole invertire le consuete categorie epistemologiche, proclamando il valore del sentire prima di quello del capire. In questo macrocosmo, che si spalanca agli occhi attoniti e attenti del poeta, il quale non può fare a meno, non tanto e non solo di vedere, come si è detto, ma anche di stravedere, tra rabbia e amore e una serie innumerevole di “emozioni”, di cui questa silloge rende pienamente conto e sulla quale è doveroso mantenere una kantiana sospensione di giudizio. Ma perché? Perché significherebbe offendere la lealtà e onestà intellettuale di un uomo, che si confessa pubblicamente e, si direbbe, candidamente (pensando a Voltaire), scandendo le stagioni della sua esistenza, non, come potrebbe apparire, per mettere ordine nella sua 10 vita ma, al contrario, per chi suppone di ben conoscerlo, per lasciarle quel profumo di infinito, che l’ha sempre contraddistinta. E la poesia, sempre più consapevole e matura, rappresenta la complice frontiera di quella psicoanalitica “inconsapevolezza”, che governa il nostro destino. E bisogna dare atto a Fagioli di una strutturalità sempre più avvertita, la quale, più che canalizzare le proprie emozioni in spartiti danteschi, sospesi tra Inferno e Paradiso, intende, in qualche modo, offrire al lettore una guida per orientarsi (o disorientarsi) alla ricerca di una via, se non di salvezza, di sopravvivenza.

STRALCIO POSTFAZIONE (prof.ssa Maria Carla Spina _ Docente di Letteratura nei licei classici)

Inconsapevoli emozioni è il titolo che il giovane poeta Simone Fagioli ha dato alla sua seconda raccolta di versi. Titolo quanto mai appropriato, perché “emozione” è una parola chiave, che compare in molti di questi versi; costituisce, non a caso, il tema del testo di apertura dell’antologia, intitolato “Un’emozione”; tale
componimento contiene un’autentica dichiarazione di poetica, nella quale l’autore abbraccia sotto la definizione di “emozioni” gli stati d’animo più diversi, i frammenti dell’anima: brividi improvvisi, ricordi lontani, rimpianti, segreti, misteri…
Sorprende in un poeta così giovane la consapevolezza del proprio operare poetico; ecco una calzante definizione della propria poesia:
Sono solamente fantasticherie i miei versi,
parole scritte in rima per l’estetica della forma,
descrizioni piane, consuete, quotidiane,
veloci fotografie di mondi di complessità,
persone amate, riviste, dimenticate,
piccole poesie, sogni che vivono in libertà.
Il pensare incerto su questioni senza senso,
sopra problemi che non hanno concreta utilità;
laurearsi un giorno, senza lavoro,
per la bella impresa di cercare la verità.
Sono soltanto parole le mie storie,
umane vicende che non hanno scopo,
un insieme d’immagini ed anime belle,
vite che cadono in altre nuove vite,
illusioni che si frantumano in nuove illusioni,
incertezze, presagi, possibilità infinite………